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Potiche. La bella statuina

Regia di François Ozon vedi scheda film

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La recensione su Potiche. La bella statuina

di yume
7 stelle

Due ore simpatiche, volutamente “sotto le righe “, una cosa tra l’apologo e la novella, un divertimento come spesso ai francesi riesce, garbato, leggero senza mai essere stupido, intelligente senza volerlo sembrare a tutti i costi, con tre attori che è sempre un piacere.

 

Potiche è un piccolo vaso decorativo, una statuina, uno di quelli che una volta si chiamavano “soprammobili”, oggi “complementi  d’arredo”, sta lì, magari si copre di polvere per un po’, qualcuno di tanto in tanto ci butta l’occhio sopra, se cade si rompe e se ne mette su un altro.

Il nulla, l’assenza.

Suzanne (Deneuve è potiche, una deliziosa nullità, moglie dell’imprenditore di ombrelli Pujol (Luchini) a cui ha portato in dote la fabbrica del padre.

Lui magnetico e antipatico, le ha fatto fare due figli e le ha costruito intorno una bella villona con giardino in cui lei fa jogging mattutino, guarda scoiattoli e appunta sul taccuino orribili versi estemporanei quando il cuore la porta da qualche parte.

Per il resto, lui fa la vita del puttaniere medio, nel senso che questo è considerato quanto di più normale ci sia al  mondo, e comincia dalla segretaria per finire con serate in discoteca.

Quando non è dedito a ciò, si occupa con fiero cipiglio della fabbrica, gli operai lo odiano e lo sciopero parte (siamo nel ’77, nove anni dopo il ‘68, in Francia, sono sempre allo stesso punto).

 

Il deputato sindaco (Depardieu, che dire? stretto dentro la sua utilitaria ci fa un po’ pena, ma è sempre il grande Gérard) è un politico di sinistra, ha avuto senz’altro un passato importante nel maggio francese, entra in scena come antagonista di Pujol ed è una variante del maschio abbastanza interessante.

Tutto quello che succede dopo questo antefatto non va rivelato, ma consigliato sì.

E’ consigliato cioè vedere per quali strade inaspettate potiche finirà di essere potiche.

 

 

 

Dicono che il film è datato, che la tematica è superata, che la Deneuve piena di botulino fa pena.

Dicono. Di Depardieu così malridotto non dicono nulla.

E allora meglio vederlo.

Due ore simpatiche, volutamente “sotto le righe “, una cosa tra l’apologo e la novella, un divertimento come spesso ai francesi riesce, garbato, leggero senza mai essere stupido, intelligente senza volerlo sembrare a tutti i costi, con tre attori che è sempre un piacere.

Si esce col sorriso stampato in faccia, per un po’ si dimentica tutto, nulla ha dato fastidio né segato nervi, si può cantare Com’è bella la vita sapendo benissimo che non lo è, insieme a lei, la magica Caterina, da tanti, tanti anni al cinema con noi.

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