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Stelle sulla terra

Regia di Aamir Khan vedi scheda film

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La recensione su Stelle sulla terra

di shadgie
6 stelle

Complessa e solo parzialmente riuscita opera indiana in cui si mescolano impegno, critica sociale e l'usuale cifra melodrammatica enfatizzata dai numeri musicali

 

Il cinema a scuola, per la scuola o sulla scuola. Come potremo definire un film come Taare Zamen Par trascendendo il semplice valore cinematografico?  È certamente un possibile oggetto educativo, perché parla di scuola, di infanzia, di famiglie e soprattutto affronta un tema quasi sconosciuto alla cinematografia internazionale, quello della dislessia (Piccola parentesi: la legge sui disturbi specifici dell'apprendimento in Italia è arrivata tardi, solo nel 2010, gettando nel panico alcuni insegnanti e molti genitori, sostenitori del mantra "è solo una moda"). Il film indiano pone però gli adulti che guardano di fronte a più di un interrogativo: un film che espone in modo chiaro un problema e che propone una lettura "giusta" per esso, dovutamente emotiva, è necessariamente un film di qualità? E se non lo è del tutto fino a che punto possiamo abdicare alle nostre convinzioni e/o sensazioni estetiche e formali per proporlo come punto di partenza per una riflessione?

 

Stelle sulla terra nasce da un'industria, quella di Bollywood, che ancora oggi prospera e non troppo raramente si apre al giudizio del mondo. Se ne ravvisano, fin dalle prime scene, i dettami stilistici, pur calati in un ambiente modesto: una famiglia che potremmo definire "piccolo borghese"  - non si fa riferimento a caste o ad eventuali punizioni divine, probabilmente per assicurare al film anche un riscontro internazionale - vive nella più classica delle abitazioni, pur moderna, il più classico dei menage familiari. Il legame sentimentale tra i genitori emerge appena per lasciar spazio alle impressioni sul volto paterno, quelle di un "padre-padrone" che non accetta devianze o ostacoli. Abiti tradizionali, scuola privata, un pizzico di documentarismo che accompagna la prima parte del film e che si sfalda strada facendo. Nelle aule dove studia il piccolo Ishaan, di 8 anni, non c'è spazio per la creatività e l'iniziativa dei discenti, e i maestri assumono le sembianze di creature mitologiche che da noi sopravvivono a stento, magari in qualche liceo classico dalla "grande storia" o più probabilmente in qualche foto ingiallita degli anni '50. Ishaan non riesce a leggere correttamente e a fare dei semplici calcoli e ciò è considerato dagli insegnanti molto preoccupante. In aggiunta, non gli vengono riconosciuti successi neppure negli ambiti in cui sembra eccellere, per esempio quando utilizza le proprie parole per fornire l'interpretazione di una poesia. Un giorno, al limite della frustrazione, scappa da scuola accompagnato da un commento musicale adeguato, sfiorando con gli occhi tutte le bellezze e le peculiarità della sua città, una città indiana. Quando però i genitori lo vengono a sapere e chiedono delucidazioni apprendono, con dolore, che il loro bambino ha delle difficoltà insormontabili, che lo costringeranno a studiare in un collegio. Al suo interno non troverà molte differenze con la vecchia scuola, fino a che un professore - mago - attore (la star Aamir Khan, qui mattatore efficace e regista) non arriverà con la sua dirompente carica di energia, mista ovviamente alla capacità di comprendere ogni rivolo della psiche infantile.

 

L'alienazione di Ishaan è resa, inizialmente, da soluzioni animate coloratissime, che lo portano a immaginare un mondo di astronavi e alieni con cui aggirare il giogo delle lettere e dei numeri. L'adulto positivo irrompe nell'immaginario di un gruppo classe annoiato ed emotivamente compresso (anche questo ben lontano da quanto si può osservare nelle nostre aule)presentandosi come deus ex machina, e fondendo l'istanza pedagogica di sottofondo al ben più preponderante stratagemma classico del cinema b-hollywoodiano. Si staglia sul resto dei personaggi come una sorta di supereroe, consolidando tra l'altro la discutibile e diffusa credenza delle potenzialità dell'uno contro tutti, del missionario che sbaraglia le barriere asfittiche di una società chiusa ermeticamente ai desideri dell'infanzia con la sola forza del cuore. I cenni alla metodologia utilizzata dal maestro per combattere gli ostacoli del bambino dislessico sono rari (si accenna al fatto che l'uomo sia a sua volta dislessico) per lo più confusi in un montaggio ben finalizzato che celebra una delle grandi protagoniste dell'opera bollywoodiana: la musica.

Onnipresente, di commento o a tratti semi-diegetica, la canzone indiana moderna sottolinea ogni snodo della storia con la consueta forza, lasciando solo in parte ai margini l'elemento coreografico e risultando il tratto più autentico e forse più riuscito della pellicola.

 

Al contrario del maestro Ram, gli alti adulti del film stazionano tra la macchietta e il tragico, resi anche pittoricamente dalle prime opere di Ishaan, che si scoprirà essere un talento dal ricco immaginario visivo. Stelle sulla terra si apre dunque, con la sua durata dilatatissima per i tempi occidentali, alla discussione e alla riflessione di  adulti e ragazzi, ma rimane il più delle volte invischiato negli stereotipi sulla società e sull'infanzia offerta dalla cinematografia globalizzata e commerciale, respingendo lo spettatore restio a confrontarsi con essa.       

 

(Recensione pubblicata qui)

 

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