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Mi manda Picone

Regia di Nanni Loy vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Mi manda Picone

di hallorann
10 stelle

Nanni Loy esordisce al cinema con due commedie dirette in coppia con Gianni Puccini, PAROLA DI LADRO e IL MARITO, quest’ultima con Alberto Sordi protagonista. Nei primi sessanta racconta il dopo 8 settembre ’43 da parte di alcuni giovani in UN GIORNO DA LEONI e in LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI: la liberazione della città partenopea dai nazisti. Due opere appassionate e riuscite sulla Resistenza, a metà anni sessanta diventa una celebrità televisiva con l’invenzione delle candid-camera di SPECCHIO SEGRETO in cui si mettono a nudo le ingenuità e la genuinità degli italiani, inoltre Loy attore delle candid mostra delle inedite doti recitative. Dopo alcuni film altalenanti interpreta il politico LETTERA APERTA…dell’amico Citto Maselli, nel ’71 grazie a un bel copione di Sonego e Amidei ritrova la vena e Sordi nella commedia di denuncia sui mali della giustizia italiana DETENUTO IN ATTESA DI GIUDIZIO, nel ’80 dirige un grande Nino Manfredi nella commedia amara CAFE’ EXPRESS. Nel 1983 ritorna a Napoli e con Elvio Porta scrive e firma il suo miglior film MI MANDA PICONE. Un operaio, durante una seduta del consiglio comunale, si mette fuoco per protesta sotto gli occhi della moglie e dei figli. Trattasi di Pasquale Picone, il quale viene prelevato da un’ambulanza e da quel momento scompare. La moglie Luciella con l’aiuto di Salvatore, un traffichino che vive di lavoretti conosciuto per caso, si mettono alla sua ricerca in obitori e ospedali. Niente. L’uomo non si trova nemmeno all’Italsider dove diceva di lavorare. Salvatore che vive in un palazzo che subaffitta a dei terremotati ci prova gusto e con l’agenda dello scomparso intravede guadagni mai visti. Infatti con la parola d’ordine “Mi manda Picone”, scopre che il presunto operaio faceva una doppia, se non tripla vita in cui arrotondava facendo il magnaccia, scommesse clandestine, commissionava fuochi artificiali abusivi e persino il trafficante di droga. Chissà, forse un factotum della camorra. Sta di fatto che il povero Salvatore è un’anima buona, consegna i denari “sporchi” ai familiari, in particolare con Luciella nasce un legame platonico. Lei a un certo punto annuncia il funerale del marito, Salvatore ormai viene scambiato per un parente del defunto (anche all’Italsider si era spacciato per tale convinto di prendere il suo posto). Poco prima del corteo funebre egli nota che la tuta normalmente indossata da Picone era rivestita di amianto quindi era ignifuga. Si sente male sottocasa e, come all’inizio della storia, un’ambulanza a sirene spiegate arriva tempestivamente per portarselo via, Luciella stavolta non se lo fa scappare. Loy attraverso la figura di Salvatore (una sorta di Pulcinella moderno che vorrebbe solo mangiare in santa pace) si addentra nelle viscere di Napoli (in cui è stato inghiottito Picone, una metafora e un’allegoria probabilmente), ne racconta i misteri, l’umanità e le meschinità, la disoccupazione, l’arte di arrangiarsi millenaria, i sotterranei fisici e morali. Commedia italiana di alto livello e film di denuncia sociale, questa è la sintesi di MI MANDA PICONE (divenuto modo di dire). Il regista cagliaritano coglie l’essenza di Napoli nelle sue diverse sfaccettature, merito di due grandi attori: Giancarlo Giannini che pare napoletano da generazioni (in realtà spezzino, le sue abilità tecniche avrebbero meritato meno sprechi nella sua carriera) e Lina Sastri (umana, vera, un’Anna Magnani partenopea). Il personaggio di Giannini, durante la sua discesa negli inferi, incontra fior di attori teatrali e cinematografici di prestigio: Leo Gullotta, Carlo Croccolo, Aldo Giuffrè, Marzio Onorato, Clelia Rondinella, Gerardo Scala e Armando Marra. Buone le musiche di Tullio De Piscopo e la canzone “Assaje” di Pino Daniele cantata dalla Sastri.      

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