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Machete

Regia di Ethan Maniquis, Robert Rodriguez vedi scheda film

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La recensione su Machete

di mc 5
8 stelle

Per quanto mi riguarda, questa era una delle pellicole più attese della stagione. E quando un film è preceduto da tanta aspettativa, la delusione è dietro l'angolo. Dico subito che le mie attese sono state ampiamente soddisfatte, mentre devo riportare che i giudizi a caldo di amici e conoscenti sono stati piuttosto tiepidi. E anche in rete ho colto qualche perplessità nei giudizi di alcuni blogger ed utenti di forum. Quanto alla reazione della critica, mi è parsa nel complesso positiva, fatto salvo il diritto di ciascuno a rifiutare questo tipo di cinema adducendo come motivo gli eccessi di violenza. Eccessi che qui sono presenti ma rappresentati in modo talmente grottesco da apparire caricaturali ai limiti della parodia. D'altra parte, chi come il sottoscritto conosce ed ama il cinema di Tarantino e Rodriguez, è pronto a tutto. E non si scandalizza di nulla. Anzi, apprezza lo stile con cui la violenza è esorcizzata attraverso una brillante lettura surreale del gesto estremo e dell'esaltazione della carne, sia che si tratti di sesso che di splatter. Insomma un intelligente baraccone che funziona alla grande, come in un gran circo del rock'n'roll e con uno sguardo sul mondo prossimo a quello di molti comics. In sede di recensione del deleterio "Fast & furious 5", mi è capitato di contrapporre quel cinema grossolano e ignorante ad una cinematografia in cui i maestri  Rodriguez e Tarantino sono sempre pronti ad esaltare i topos di sesso, violenza e terrore attraverso il filtro di una potentissima ironìa. E arriviamo al punto. Cioè alla sorprendente condivisione di questi due registi coi loro stessi fans di tutto un universo di riferimenti culturali. Gran parte di coloro che amano questo cinema sono infatti animati da una passione che determina un clamoroso caso di complicità: vale a dire che i due cineasti citati condividono coi loro supporters un comune immaginario composto di fumetti popolari e soprattutto di cinema "basso" ma di culto (da Sergio Leone ai "poliziotteschi"). Si tratta di un meccanismo, culturale e psicologico, che nel cinema forse non ha eguali e che riesce quasi ad annientare il "muro" tra chi fa cinema e chi ne fruisce. E questo straordinario "gioco delle parti" tra regista e fans trova un'applicazione che in questo "Machete" sfiora l'eccellenza. Rodriguez, quasi spogliandosi di ogni pudore, chiama a raccolta tutti gli elementi (per i detrattori "gli stereotipi") di un cinema action dove la violenza, l'odio, la vendetta, il machismo, sono tutti ingredienti mixati a generare una sorta di compendio esemplare del cinema di genere più sfrontato e più grondante sudore e sangue che si sia mai visto. Il tutto raccolto in una pellicola -attenzione- non destinata a pochi aficionados, ma che la meritoria Lucky Red di Andrea Occhipinti ha massicciamente distribuito in quasi tutte le multisale d'Italia, alla stregua di un qualunque blockbuster. Il film è ora posizionato nella parte alta del box office; chiaro poi che ci sarà chi lo leggerà con consapevolezza cinefila e chi invece si limiterà allo stesso sghignazzo con cui osserva i blockbuster con Vin Diesel. Lasciatemi dire che i titoli di testa mi hanno fatto letteralmente impazzire, sono talmente strepitosi che valgono da soli il prezzo del biglietto, perchè sfiorano corde emotive/cinefile profondissime. Sono molti i momenti cult presenti all'interno di una pellicola che d'altra parte sullo spirito cult poggia le sue basi. Ne voglio qui riferire almeno un paio. Prima di tutto l'immagine potente di una suora che spara raffiche di mitragliatrice...e poi l'idea suggestiva e al contempo straniante di utilizzare come commento sonoro la soave classicissima "Ave Maria" per accompagnare le immagini dell'assalto ad una chiesa da parte di una banda di criminali. Accennavo prima ai consueti riferimenti, sempre presenti in Tarantino e Rodriguez, all'epopea dei western italiani. Tali richiami sono anche in questo caso evidentissimi. Basti pensare al personaggio di Jessica Alba, che si chiama con un nome che più evocativo non si può: Sartana. E poi la scena in cui un prete fredda un criminale pronunciando una frase, anche quella carica di ricordi e suggestioni western: "Dio ha pietà, io no!". Nel film è presente anche una forte componente politica e sembra quasi sponsorizzare quei movimenti che supportano la penetrazione dei lavoratori messicani negli USA. L'argomento è importante e fa da base per tutta la narrazione. Viene messa a fuoco soprattutto l'arroganza razzista di un vecchio e subdolo senatore americano che ha il volto di Bob De Niro. A questo proposito va detto che una delle prime sequenze del film, cioè il furgoncino che passa a caricare i manovali messicani per portarli oltre il confine, ci evoca immagini del nostro sud a cui siamo tristemente abituati. E bisogna anche notare (non se ne può fare a meno!) che i discorsi del senatore razzista, per toni ed argomentazioni, rispecchiano alla lettera quelli del nostro Borghezio (ma guarda un pò...). Però va anche detto che quello dei rapporti tra USA e Mexico è tema troppo delicato per essere affrontato per schemi banali, soprattutto perchè il Mexico è attualmente un Paese sul punto di esplodere, in un delirio di omicidi, soprusi e violenze (i narcotrafficanti al potere) che nessuno sembra avere davvero intenzione di contrastare. E prima di parlare degli attori, un breve cenno alla bella colonna sonora. Si sa che per Rodriguez la musica è sempre stata fondamentale. E infatti anche qua Robert è presente come componente (è un ottimo chitarrista!) del gruppo "Chingons" le cui canzoni commentano il film, insieme a quelle dei mitici "Tito & Tarantula", grandioso gruppo che Rodriguez stesso ci fece conoscere col suo "Dal tramonto all'alba". E veniamo al cast. Formidabile. Che dire di Danny Trejo, se non che parlare di "fisico del ruolo" è addirittura un eufemismo? Praticamente il film è costruito tutto sulla sua faccia, su quella sua maschera impagabile. Jessica Alba recita senza infamia e senza lode, tuttavia senza mai allontanare quella fastidiosa impressione da bambolina a cui siamo oramai assuefatti. Molto meglio la sontuosa bellezza ispanica di Michelle Rodriguez: chi mi conosce sa che ho un debole per lei da ben prima di "Avatar". Robert De Niro ci fa tirare un sospiro di sollievo. Dopo le sue mediocri recenti prestazioni, finalmente lo ritroviamo motivato. Forse non all'altezza dei suoi fasti passati, ma comunque molto in parte, credibile quanto basta. Jeff Fahey è curiosamente somigliante al nostro Antonio Ricci di "Striscia la notizia". E infine due vecchie glorie, qui riscoperte ed ultilizzate in maniera eccellente: Don Johnson e Steven Seagal, due perfette canaglie. Il film piacerà innanzitutto ai cinefili tarantiniani, ma ha tutti i numeri per piacere anche agli altri: azione, ritmo, divertimento.
Voto: 9

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