Regia di Chang-dong Lee vedi scheda film
Film coreano classico da festival, che infatti a Cannes ha vinto un premietto di consolazione (sceneggiatura). Si narra di come questa signora, neanche tanto anziana e ancora pimpante, cresca il nipote e intanto faccia la domestica (talvolta) e si iscriva a un corso di poesia. Mentre la poesia entra con una certa importanza nella sua vita, la sua vita reale va in un continuo peggiorando. E forse lo scopo di questo film (molto caruccio comunque, gli do 7) era mettere in contrasto la Poesia, con la P maiuscola, e la realtà, che nel caso in questione è uno schifo. Occhio spoiler! Eh sì, perché la ragazzina suicida di inizio film, si scopre poi, era stata segretamente violentata da mesi da 6 ragazzi, uno dei quali lo stupido nipote della nostra. Ed è ancora più squallido come i padri dei ragazzini, cercando di mettere a tacere la cosa, organizzano un indennizzo in denaro per la madre della suicida, e sempre più squallido quando la stessa madre, che è indigente, accetterà. Tralascio di ricordare che la madre del nipote, la figlia, insomma, l’ha posteggiato dalla nonna e là l’ha dimenticato. Il padre, poi, di lui nulla si saprà nel film. E poi, sì, alla vecchia hanno diagnosticato l’Alzaheimer…insomma, davanti a una realtà piuttosto schifosa, c’è la Poesia, che non è un rifugio per la protagonista (sarebbe stata una scelta banale) ma un aspetto diverso della giornata e della vita. Bella la scelta della luce naturale, nel film, così come gli ambienti sono veri e ci fanno osservare uno spaccato di vita quotidiana in Corea. La protagonista è di una bravura imbarazzante, tale Jeong-Hie Yun che, scopro, ha circa 190 film alle spalle, e magari qualcosina vuol dire, e torna alle scene dopo averle abbandonate da tempo e dà una gran bella lezione di bravura.
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