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Poetry

Regia di Chang-dong Lee vedi scheda film

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La recensione su Poetry

di LAMPUR
4 stelle

“Il pianto della cicala fa a pezzi l'estate”

 

Della “poesia” del titolo si parla per l'intero film. C'è una scuola, di poesia. C'è un maestro, di poesia. Ci sono reading, di poesia.

E c'è una protagonista che ne brama l'ispirazione, ultrasessantenne di ingenua delicatezza, dall'esistenza umile e solitaria, tranne per il nipote svogliato ed indolente affidatole dalla figlia che vive lontano.

La vita scorre apparentemente serena ma gli avvenimenti si accavalleranno in fretta: prima una diagnosi di iniziale Alzheimer, poi il nipote invischiato in un caso di stupro di gruppo coi suoi amici coetanei ai danni di una compagna di scuola che, sconvolta, si toglierà la vita. Poi ancora i genitori del branco che le chiederanno soldi, e tanti, per tacitare scuola e famiglia della ragazza.

La poesia, a questo punto sembra essere l'unica valvola di sfogo di fronte ad un mondo cinico e disincantato.

E Mi-ja ha un mondo di sensibilità dentro,  e si dedica, caparbia, a coglierne ogni segnale dalla vita che la circonda, che sia cenno di mamma disperata o fronda d'albero scossa dalla brezza.

Ma proprio qua la regia eccede in quel manierismo che, ad esempio, Bradipo non avverte.

Tende ad accentuare le discrepanze  con soluzioni  elementarmente ampollose, come i genitori del branco che si riuniscono per parlare del “fattaccio” ma pensano a procurarsi prima una birra mentre Mi-ja osserva sconcertata, oppure scene come quella della dottoressa che davanti  all'entusiasmo di Mi-ja per un vaso di camelie le rivela che si tratta di fiori finti, (della serie: ma che esistono pure fiori veri?), oppure i siparietti con questo nipote da prendere a schiaffi fin dalla prima scena e che sembra incontrollabile ma alla fine, e solo alla fine, viene prelevato dalla sala giochi da una nonna improvvisamente sensibile, redarguito e catechizzato con garbata fermezza (non si poteva agire prima che stuprasse qualcuna? E no, poi il film come lo facevamo?...), senza contare altre stravaganze narrative  come la botta di karaoke o il ripensamento riguardo le avances dell'anziano infermo, del quale Mi-ja si occupa per arrotondare le magre entrate (forse cercava da lui i soldi necessari per insabbiare lo scandalo? Mah!). Rimarremo col dubbio, cosi come durante la partita a volano – per alcuni magistrale – che distrae, e mantiene come in un'altra dimensione Mi-ja, mentre il nipote viene portato via dalla polizia (Rassegnazione? Senso della giustizia? Ineluttabilità? Cosi s'empara?...).

Incantevole l'epilogo invece e le ultimi immagini, con rivisitazione a flash di luoghi e situazioni vissute da Mi-ja ma ora (ri)percorse in sua assenza  e cariche esclusivamente delle sue parole, colonna sonora in versi, tormentosamente sgorgati dalle povertà umane, dal disagio del sopravvivere  in un'esistenza di vuoto a perdere.

Troppo poco comunque per giustificare un intero film  dalle atmosfere che spesso dilatano in un lezioso insistito, e troppo, troppo meccanica l'esortazione alla poesia.

Ed infatti al maestro ne verrà recapitata una sola, quella di Mi-ja, pagata a caro prezzo, partorita più che dal guardare con attenzione alla vita, dall'esserne  dolorosamente investita.

 

 

 

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