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Castaway On The Moon

Regia di Hae-jun Lee vedi scheda film

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La recensione su Castaway On The Moon

di Stefano L
8 stelle

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“Castaway On the Moon” va assaporato più nell'aura di un’esperienza fiabesca che come qualcosa di concretamente attendibile. Il personaggio principale, Kim, a seguito dei debiti con la sua impresa finanziaria, decide di “farla finita” gettandosi dal ponte più alto della zona extraurbana; atterra incolume, ritrovandosi sulla battigia di un’isola sotto la struttura. Non potendo escogitare nuovi tentativi di suicidio indolore, decide di arrangiarsi con i pochi mezzi a portata di mano per sopravvivere; e così si costruisce un manichino con cui conversare, abbigliato con i suoi vecchi vestiti da “colletto bianco”, usa espedienti rudimentali per ripararsi dalla pioggia e dal vento, tra cui un piccolo rifugio in una barca simile ad un'oca, e dopo aver trovato un pacchetto abbandonato di spezie per spaghetti, comincia a sperimentare delle procedure arcaiche per coltivare il mais, sfruttando come fertilizzante quello più adatto e disponibile in quell’immondezzaio, ovvero gli escrementi dei pennuti che gli danno compagnia. La scena quindi si sposta in città. Una ragazza chiusa e timida, dallo stesso nome, vive come reclusa nella sua stanza, evitando addirittura di venire al contatto con la luce solare, poiché essa rappresenta un’infrazione “naturale” alla sua privacy. Due volte all’anno, in autunno e in primavera, per una tradizione semestrale di Seul, le strade diventano vuote, e lei ne approfitta per impressionare su pellicola i vicoli deserti; in una delle zoomate individua così il “marziano” Kim e, repentinamente, se ne invaghisce; una sera scappa dall’appartamento, munita del suo casco “protettivo”, raggiunge l'impalcatura sopra quella discarica, e gli lancia una bottiglia con il messaggio universale “Hello”. Kim la trova e le risponde con delle frasi abbozzate sulla sabbia, sempre in lingua anglosassone. Passerà poco tempo prima che i due riescano a comunicare tramite questi metodi desueti ed avulsi nell’era di internet, i quali però permetteranno ad entrambi di costruirsi una sfera d’intimità personale che li sospenderà da un universo tangibile, portandoli a vivere in un intenso periodo di tranquillità e felicità individuale che non hanno mai avuto modo di intraprendere nella loro mesta esistenza... Una stupenda fotografia colorata, permeata di splendide immagini oniriche ed un ritaglio sonoro candido, minimale ci accompagnano nella fase di decadenza e risurrezione spirituale dei protagonisti, emozionandoci, commuovendoci e, nei (lievi e ben computati) “dirottamenti” del fascicolo narrativo, divertendoci. Il pianeta Terra diventa una Luna in cui perseguire il tanto agonizzante presagio della speranza (il cibo da procurarsi in un posto abbandonato ed irraggiungibile), il naufragio il primo passo di un funesto cammino contemplativo, il quale ci sollecita ad emarginarci dalla dipendenza della rude e limitante tecnocrazia moderna, meccanismo propulsore di fatale artificio che porta la comunità ad una stasi di solitudine e ghettizzazione dei singoli: formalmente lodevole, e con un cast esiguo ma corredato dagli attori Jae-yeong (Mr. Vendetta) e Ryeo-von, elastici nei vari registri e di accorata espressività, questa perla dell’esordiente (alla regia) Hae-jun è un ammirevole avviamento di un valido direttore artistico coreano che, si spera, ci regalerà in futuro altri piccoli capolavori metempirici caratterizzati dal medesimo pathos.

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