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Mediterraneo

Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Mediterraneo

di hallorann
8 stelle

“E’ tutto sotto metafora!” esclamava Abatantuono terrunciello in SAXOFONE. Forse preannunciava MEDITERRANEO, infatti dietro le divise da soldati della seconda guerra mondiale si nascondono i trentenni cresciuti dopo il ’68 e il ’77, date storiche per quella generazione. Diciamolo subito, che piaccia o meno, che l’Oscar fosse meritato o no questo film è stato una ventata d’aria fresca nel quasi esangue panorama cinematografico italiano di venticinque anni fa. Gabriele Salvatores è stato un puntuale e talentuoso regista del teatro dell’Elfo sbarcato al cinema per scommessa, vinta con un pugno di film cult quali KAMIKAZEN (l’applicazione metropolitana di COMEDIANS), MARRAKECH EXPRESS, TURNE’ e – solo per me – PUERTO ESCONDIDO. L’epifania di un cineasta, di una magia e di un genere (la commedia) rivisitato si è conclusa con il futuribile NIRVANA. In mezzo MEDITERRANEO: esotico, grintoso, vitale, pacifista (meglio il fumo delle armi). L’isoletta in cui dal ’41 al ’44 circa restano “prigionieri” i soldati comandati dal tenente Raffaele Montini e dal sergente Nicola Lo Russo è una splendida utopia come cantavano i Nomadi scritti da Guccini. Sole, mare, polli per nemici, simil sirtaki, il Pope, Omero, omosessualità latenti, italiani una faccia una razza, opium, la puta Vassilissa, il turco nonso, il calcio, Carmelo La Rosa, lettere al vento, amori e desideri. Se accosti il naso ne avverti dell’isola il profumo. Una generazione piena di speranze (citazione di Mao sulla bocca di Lo Russo quando si rivolge al piccolo Farina chiuso in un tino) che non è riuscita a cambiare il mondo, che non glielo hanno fatto cambiare e si è tirata fuori, non mi riterrete vostro complice. Una generazione anche cazzona e pragmatica: chi vive sperando muore cagando, Nicola Lo Russo, isoletta dell’Egeo che non conta un cazzo 1941…Una vita sola non mi basta, ogni volta che vedo un tramonto mi girano i coglioni…

L’originalità di Salvatores – che ricordiamolo non è un autore puro, ma una sorta di sciamano buono e generoso, ottimo direttore di amici e attori – sta nel non somigliarsi a nessun altro. La chimica e l’alchimia creata con una compagnia di professionisti, quasi tutti formatisi a teatro o plasmati dalla sua filosofia spicciola ma concreta, è stata unica e irripetibile. All’ombra dei suoi inni all’amicizia vera, di una generazione vagabonda e disillusa ma migliore della nostra perché non ancora corrotta dalla tivù ci sono stati Enzo Monteleone, Carlo Mazzacurati, Umberto Contarello, Francesca Marciano e persino Fabrizio Bentivoglio. Oggi ha lo stesso entusiasmo di sperimentare, purtroppo per lui sono cambiati i tempi e i temi. Si è giovani solo una volta. In MEDITERRANEO, piccola produzione di Gianni Minervini gonfiata dall’allora major italiana Penta, ci sono fior di attori divenuti grandi per alcune stagioni, rimasti comunque dei buoni interpreti o caratteristi: Abatantuono, Alberti, Bisio, Catania, Cederna. Musiche di due parvenu di colonne sonore per cinema Giancarlo Bigazzi e Marco Falagiani: belle ed evocative, ancora sopportabili nella versione tastieristica moderna del finale quarant’anni dopo con i tre protagonisti invecchiati. Pur non essendo un capolavoro o il capolavoro di Salvatores, questa commedia piace sempre e fa venire in mente una frase di Ibsen: cercare la felicità in questa vita, ecco il vero spirito di rivolta.

 

 

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