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Dog Pound

Regia di Kim Chapiron vedi scheda film

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La recensione su Dog Pound

di pazuzu
8 stelle

«Non ci sono bianchi, negri o cazzate simili. Non me ne frega un cazzo di quel che pensate di essere. Siete un branco di cani randagi rinchiusi in questo canile, puzzate tutti allo stesso modo!»: così un ufficiale arringa, nella palestra dell'istituto correzionale minorile di Enola Vale, nel Montana, i giovani reclusi che si sono disposti in due squadre basandosi istintivamente sul colore della pelle. Nessuna discriminazione o prepotenza è permessa, niente armi, tabacco, alcool, materiale pornografico o sostanze illegali, e guai a cercare di organizzarsi in bande, con la minaccia per chi si fa scoprire ad infrangere le regole di finire in isolamento o venire inquadrato nella Sezione Speciale, e l'opportunità per chi dimostra di rigare dritto di essere promosso a 'fiduciario' ottenendo privilegi: precetti potenzialmente condivisibili, che si svuotano però di nerbo ed efficacia se passati al filtro di una realtà sociale in continuo divenire ma costretta tra i binari di un sistema che ambisce alla riprogrammazione coatta delle menti tralasciando le sfumature, spersonalizzando, appiattendo i caratteri; un piccolo mondo in scala all'interno del quale ad emergere sono ancora i più forti, ossia coloro che sanno fare buon viso a cattivo gioco, che sanno essere furbi nell'aggirare i divieti senza dare nell'occhio e scaltri nello sfruttare questa capacità allo scopo di imporsi.

Giovanissimo regista francese (classe '80) giunto al suo secondo lungometraggio (una coproduzione franco-canadese), Kim Chapiron (autore anche della sceneggiatura insieme a Jeremie Delon) dà del(la vita nel) riformatorio un'immagine tutt'altro che lusinghiera che racchiude in un titolo esplicativo: Dog Pound (ovvero il succitato 'canile').
L'evento che apre il film è, semplicemente, l'ingresso nel centro di tre nuovi 'ospiti': Butch, diciassettenne con serie difficoltà a gestire la propria rabbia che nell'istituto in cui era rinchiuso in precedenza aveva reagito ad una guardia dai modi brutali cavandogli un occhio; Davis, sedicenne sessuomane che viveva con la madre ma si stava costruendo l'indipendenza economica spacciando coca e pillole assortite; ed Angel, solo quindicenne ma già recidivo perché lo stratagemma adottato per rubare auto col compare non sempre funzionava a dovere. Inseriti forzosamente in un contesto segnato da un'instabilità tanto marcata quanto sotterranea, e subito catechizzati dal direttore Sands e dal responsabile del loro dormitorio Goodyear al ferreo rispetto delle suddette norme, incappano presto nelle angherie del 'fiduciario' Banks, da quelli ritenuto un detenuto modello (al pari di Loony ed Eckersley, i due scagnozzi che si porta sempre dietro) ma in realtà prepotente e laido punto di riferimento di ogni traffico proibito all'interno dell'istituto, comprendendo a proprie spese che nulla in quel posto è come a prima vista dovrebbe sembrare.

Tra liti ed alleanze, umiliazioni e punizioni, (il)legalità, senso dell'onore ed omertà, Chapiron conferisce al proprio film carcerario un taglio umanista, sviluppa il racconto evitando di cadere in facili schematizzazioni, sceglie di puntare l'obiettivo sui personaggi e sul concatenarsi delle dinamiche relazionali senza arenarsi sterilmente nella contrapposizione tra carceriere e carcerato, osserva gli uni e gli altri con sguardo clinico ed attenzione per i dettagli, registra tanto l'incolmabile distanza tra i rispettivi codici etici quanto i conflitti individuali tra pari, mostra il cuore di ognuno ma mantiene sempre la distanza necessaria per non scadere nel morboso, nel parossistico o nel gratuito; tutto ciò senza rinunciare a scene di violenza, fisica e psicologica, tanto crude quanto inevitabili, come inevitabile sarà il progressivo rompersi di ogni equilibro fino ad un epilogo duro, drammatico e scioccante.
Vincitore al Tribeca Film Festival del premio alla regia ispirata e pulsante di Kim Chapiron, Dog Pound deve molto ad un cast assortito ed affiatato tra cui a spiccare sono l'interpretazione nervosa e adeguatamente sopra le righe di Adam Butcher (in realtà ventunenne ai tempi delle riprese) nel ruolo di Butch, il più carismatico e aggressivo tra i tre 'nuovi acquisti' dell'istituto, e quella al contrario trattenuta e (nel finale) sofferta di Lawrence Bayne in quello di Goodyear, agente disponibile al dialogo e ben più tenero di quanto la divisa e gli eventi diano ad intendere.
Un discorso a sé merita la suggestiva colonna sonora, affidata in massima parte al post rock sottile ed etereo dei Balmorhea ma dalla quale a restare impressa è Syringa, sofferta ballata di K'naan (rapper somalo trapiantato in Canada noto per Waving Flag, l'inno ufficiale dei mondiali di calcio in Sudafrica del 2010) che accompagna, nella parte centrale del film, una bellissima sequenza corale.

I wait along the borders of disdain
staring in
what I would give
to be within your arms
dry and warm
give me the scent of free
syringa tree
it's final call
lonely voice upon a mountaintop
shouting out
the secrets of a generation told
all the lies
blind and riding on the ocean's spine
no fault of mine
drowning is what I've perfected for
all my life
give me the scent of free
syringa tree
crowning me
my victory march
the marble arch
the trumpet horn
it's final call

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