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My Son, My Son, What Have Ye Done

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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La recensione su My Son, My Son, What Have Ye Done

di callme Snake
8 stelle

L'angelo sterminatore.

Possono due autori irriducibili e per certi versi lontani come Lynch e Herzog far convivere in una sola pellicola i loro universi e la loro visione del mondo, realizzando un film-sistema capace di presentare sia le caratteristiche del loro cinema passato, sia una nuova forma non ancora sperimentata?
My Son, My Son, What Have Ye Done è la risposta affermativa a questo quesito, costruita partendo da quello che, molto banalmente, è il punto di contatto più evidente tra i due registi: la follia. Follia che in Herzog è personale, sempre legata ad un individuo che partecipa di una dimensione "altra" (Aguirre, Fitzcarraldo, Stroszek, Woyzeck ecc.), mentre in Lynch è trasversale e si annida in ogni angolo (buio) di ogni casa d'America (Twin Peaks, Mulholland Drive, Velluto blu, Cuore selvaggio ecc.).
Brad, il protagonista, similmente a certi personaggi di Dreyer, Bresson o Von Trier (la scelta di Udo Kier sarà stata determinata dalla sua collaborazione con il regista di The kingdom e Le onde del destino?), vive una scissione che non può essere giustificata psicologicamente, socialmente o ricorrendo a spiegazioni razionali (chi conosce Herzog inoltre sa della sua avversione verso lo psicologismo). La follia di Brad è aspirazione al divino e desiderio di espiazione (su quest'ultimo punto tornerò più tardi). Le sue passioni-ossessioni, gli uccelli e il basket, contengono infatti la tendenza verso il cielo, verso la leggerezza e la pienezza.
Contemporaneamente l'ambiente in cui Brad vive e da cui prova a staccarsi presenta anch'esso tracce di follia, ma differente, diremo "del secondo tipo", quello lynchano.
L'ambiente è l'America, più precisamente gli Stati Uniti (ma Godard nota molto acutamente in Eloge de l'amour che non esiste un termine per definire gli abitanti di questo stato). Dietro ogni facciata perfetta si nasconde un orrore mai esorcizzato, un peccato originale da espiare (non è difficile capire quale: è l'eterno fantasma che sgorga dal sangue dei nativi uccisi per fondare quella che ora è la prima potenza mondiale, ricca e temuta, eppure senza un nome ed un'identità). La madre di Brad (Grace Zabriskie) è una vedova ossessiva e innamorata del figlio, lo zio un allevatore di struzzi e polli giganti razzista e misantropo (Brad Dourif). Insomma, è l'America a cui Lynch ci ha abituato, popolata di personaggi come Bobby Perù o Bob di Twin Peaks.
Ed è qui che le due poetiche, quella lynchana e quella herzoghiana, convergono: l'espiazione di questa colpa è in mano al folle Brad, un uomo che ha visto un'altra realtà (è stato in Perù, dove ha conosciuto la natura selvaggia e la morte) e che è consapevole dalla maledizione in cui vive la sua famiglia (ma si può estendere il concetto alla società). La sua estasi è così forte da essere disposto ad uccidere la madre, nonostante la ami molto (si veda la storia dentro la storia della tragedia greca a cui Brad partecipa, figura e anticipazione della sua vicenda).
Quando Brad dice di volersi convertire, afferma di voler diventare musulmano: perchè non cattolico o protestante? Brad incarna quello che agli occhi americani è un nemico, un estraneo, un pazzo, ma non è più nemico, estraneo o pazzo di quanto gli americani non siano a loro stessi. Egli è uno contro tutti, è la differenza che scatena una reazione (non a caso parte del film adotta i canoni del film d'assedio).
Dopo la sovversione al genere ed al sistema hollywoodiano messa in scena con Il cattivo tenente: ultima chiamata New Orleans, Herzog riprende le redini del suo discorso in un ambiente produttivo più consono, ancora statunitense ma libero da imposizioni.
Lo stile è anomalo, ibrido, come il film stesso: da un lato una struttura a flashbacks e incastri in un'ambientazione metropolitana (tratto lynchano), dall'altro immagini naturalistiche, misteriose e contemplative, accompagnate da una colonna sonora estranea ed evocativa (tratto herzoghiano).
Visto in occasione del Biografilm Festival di Bologna, purtroppo My Son, My Son, What Have Ye Done è una meteora che difficilmente troverà uno sbocco sul mercato italiano. Helas pour nous.

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