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Fratellanza. Brotherhood

Regia di Nicolo Donato vedi scheda film

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La recensione su Fratellanza. Brotherhood

di FilmTv Rivista
8 stelle

Sceglie un tracciato impervio ma vincente Nicolo Donato, regista danese alla sua opera prima (non a caso Marc’Aurelio d’oro al Festival di Roma del 2009). Sulle orme di un documentario che per sua stessa ammissione lo ha segnato (non ne cita esplicitamente il titolo, ma si riferisce probabilmente a Heroes and Gay Nazis), Donato concerta infatti una storia d’amore omosessuale (certo non originale) all’interno di uno degli ambienti più omofobi che si possa immaginare. Trattasi del Dnsb, il movimento politico della Danimarca ispirato al nazionalsocialismo tedesco (nella sua trilogia, Stieg Larsson ce ne aveva già mostrato il surrogato svedese). Ci si imbatte, quasi per caso, Lars, oratoria brillante e faccia “presentabile”. Ovvio che il ragazzo non sfugga al leader locale (forse perché abituato alla grossolanità dei propri fedelissimi), il quale incarica poco dopo Jimmy di introdurlo alle verità del Mein Kampf. Imprevedibile forse, ma incontenibile di certo, scatta tra i due un sentimento amoroso (in parte alimentato dal tabù) che li porterà a scegliere tra ciò che sentono e ciò che credono. Quasi si volesse, da parte del cineasta, ribadire la supremazia del pensiero individuale su quello collettivo. E se i toni, specie nel finale, scivolano inevitabilmente nel mélo, è soprattutto nel corpo centrale della pellicola che Donato riesce a rappresentare con verosimiglianza la ruvidezza di quella realtà (si pensi, per esempio, alla scena del concerto, già documentata da Nazirock). Se ne può percepire con precisione l’odore del collante, fatto di reclutamento e fratellanza (in danese, “broderskab”, per l’appunto). Principio di inclusione e esclusione. Machismo e subordinazione. Eppure la mina vagante, l’omosessualità per l’appunto, è in azione anche lì (come ci hanno già mostrato Una giornata particolare e Paragraph 175). Per questo lascia interdetti la dichiarazione del regista che ha relegato il nazifascismo a un’esigenza di sceneggiatura, «così come lo sono stati i dissidi familiari per i Capuleti e i Montecchi».

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 26 del 2010

Autore: Erica Re

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