Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film
La guerra vista con gli occhi di Martina. Con gli occhi della gente comune, semplice che vive nella zona del Monte Sole. Gli stessi dialoghi sono in dialetto (sottotitolato) tanto da rendere ancora più realistico lo scenario descritto. La vita di ogni giorno, la povertà, la guerra che imperversa e nemmeno si sa cosa voglia dire. Inizialmente il film non prende una parte politica, ma mostra i fatti. Bellissimo il piccolo tema che Martina scrive a scuola, raccontando la sua guerra, ciò che vede fare dall'una e dall'altra parte. Senza differenze. Perché la guerra è guerra e, in effetti, non ci sono differenze o cose giuste. Ma ad un certo punto, la vicenda si stravolge dando vita a quella che verrà ricordata come la strage del Marzabotto. I tedeschi ammazzano donne uomini bambini senza pietà. Martina si salva e salva il piccolo fratellino appena nato ("L'uomo che verrà"). Lei e il piccolo saranno il seme della speranza, il senso che la guerra non ci può annientare. Ci può piegare, ferire, tramortire, ma non può fermarci. Nessuna guerra. Passata o futura. Ovunque si combatta. Questo film, oltre che essere un bellissimo omaggio ad una tragedia io credo molto dimenticata, è anche un grade grido di forza per tutti coloro che sono vittime di violenza causata dalla guerra (germe sempre malato e ingiustificabile). Esiste ed esisterà sempre "un uomo che verrà".
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