Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
La vita di Michael Gordon Peterson, uno psicopatico che ha passato oltre trent’anni in galera, il più pericoloso carcerato mai esistito. Nicolas Winding Refn è impossibile d’acchiappare, pensi di aver capito il suo cinema e se ne viene fuori sempre con qualcosa di nuovo. Questo film, biografico dai toni forti eppure ricco di spunti paradossali ed umoristici ne è la prova, più che il rigore documentaristico c’è una ricerca d’impatto sul pubblico che, seppur spaesante, centra in pieno l’obbiettivo perché un’ idea ce la si può fare indipendentemente dalla visione distorta. Moltissime situazioni si susseguono come atti di un teatrino ? come suggerisce anche spesso la presentazione del protagonista su un palco – e malgrado la drammaticità delle vicende l’atteggiamento del protagonista e di chi gli sta attorno viaggia sul binario della commedia, quasi a volerci trasmettere il punto di vista distorto Michael che malgrado le continue percosse e gli anni in galera si convince sempre più di voler diventare famoso a dispetto della sua situazione ormai disastrosa. Incredibile l’approccio umoristico di una trama tanto drammatica, a disilluderci però tornano sempre ripetute sequenze crude e violente causate da (e ai danni del) protagonista, scene non tanto spettacolari quanto puramente sgradevoli a ricordarci che ciò presentato – malgrado appaia – non è un semplice show. Tom Hardy immenso, forse spesso troppo esasperato, nel ruolo di Peterson a sorreggere una trama forse prolissa di eventi e cambi di scena al limite dell’assurdo, interessante anche notare l’esagerata trasformazione subita con un aumento di peso spaventoso per prepararsi meglio alla parte. Al di là dei tratti innovativi ricordiamoci che Refn è un regista di talento, a dimostrazione di ciò c’è una sceneggiatura travolgente, quasi parodia di sé stessa per la messa in scena dei contenuti e un aspetto tecnico sontuoso brulicante d’inquadrature significative e dal sapore enigmatico.
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