Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Film dall'andamento inquietante, che sembra uscito dalle pagine migliori del romanzo di William T. Vollmann La camicia di ghiaccio, ma che, per l'approccio, ricorda il Werner Herzog di Aguirre, furore di Dio, ibridato con la ricerca dei significati arcani del Tarkovskij dello Specchio.
Su Valhalla Rising si potrebbero sbizzarrire anche gli esegeti del cinema cristologico e teologico in generale, soprattutto in forza della figura di questo guerriero One Eye, che è implacabile con chi dimostra ostilità verso di lui o verso Are, il ragazzino che gli si è aggregato, ma che è anche capace di sacrificare la propria vita nel nuovo mondo, per salvare proprio quella di Are.
L'atmosfera che pervade il film è quasi onirica ed arcana e quando i personaggi avanzano guardinghi nella terra su cui sono approdati dopo avere attraversato le acque nebbiose, sembrano addentrarsi nelle proprie coscienze, come in un film di Terrence Malick. I paesaggi lividi e brulli di un nord quasi ageografico, la violenza delle situazioni e la brutalità dei personaggi si collocano in un tempo i cui riferimenti cronologici (si parla di riconquistare la Terra Santa, quindi dovremmo essere tra i secc. XII e XIII) non fanno sfuggire che quella barbarie potrebbe collocarsi (e forse tornare) in qualsiasi momento. Ma si tratta (solo?) di un film, che comunque ci ha intrattenuto, come sospesi in un'altra dimensione, temporale e della coscienza, per un'ora e mezza, grazie all'abilità del regista, degli sceneggiatori (lo stesso Nicolas Winding Refn con Roy Jacobsen), del direttore della fotografia e di un gruppo di interpreti dal giusto fisico del ruolo.
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