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Mai dire mai

Regia di Irvin Kershner vedi scheda film

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La recensione su Mai dire mai

di scandoniano
4 stelle

Sollevato dagli incarichi perché vecchio ed acciaccato, James Bond viene richiamato d’urgenza quando la SPECTRE sottrae alla NATO due missili a testata nucleare e minaccia l’organizzazione internazionale di farli esplodere se non otterranno un adeguato compenso annuo.

Mentre Roger Moore, suo successore nella “serie ufficiale”, mostra evidenti segni di cedimento nel reggere il personaggio, Connery accetta di interpretare un Bond apocrifo, alternativo, fuori dal franchise originale universalmente riconosciuto. Si tratta di un remake di “Thunderball, operazione tuono”, che lo stesso Connery interpretò quasi 30 anni prima, con la stessa trama e Klaus Maria Brandauer nel ruolo che fu di Adolfo Celi (ma senza benda sull’occhio).

Per i fan che hanno imparato a conoscere lo 007 cinematografico, e che ricordano il film di Young del 1965,  l’impatto è notevolmente squassante: tutti i punti di riferimento con cui aveva imparato a riconoscere la saga a primo acchito, vengono meno. Il regista Kershner e la sua troupe provano a replicare i crismi classici bondiani (il celeberrimo modo di presentarsi di Bond, la capatina nel casinò di turno, il Martini agitato), ma il tutto sa un po’ di artificioso: per esempio il fatto che M, Q e Moneypenny debbano essere “annunciati” alla loro entrata in scena (a causa della mancata confidenza con gli attori scelti qui) non giova a favore della scorrevolezza delle vicende. Non si vedeva un’ansia di prestazione del genere dai tempi di “Al servizio segreto di sua maestà”, quando la troupe per far dimenticare Connery sparò tutte le cartucce sparabili ed anche di più.

Cionondimeno “Mai dire mai” è aiutato da un soggetto tra i più riusciti tra i romanzi di Fleming, ma è anche portato avanti con dovizia da Irvin Kershner, che attualizza benissimo il nuovo Bond agli anni ’80, non tanto sfruttando  l’icona Basinger (non ancora la star di “Nove settimane e mezzo”), ma principalmente utilizzando tecnologie computerizzate e soprattutto riferendosi al mondo dei videogame (sui generis lo scontro in sala giochi tra Bond e Largo).

Ampio il cast, con Max Von Sydow nel ruolo di Blofeld, Rowan Atkinson come imbranato partner di 007 alle Bahamas,  Kim Basinger nel ruolo della bond-girl. Sean Connery, nonostante la veneranda età ed il fisico non più filiforme, se la cava alla grande con lo charme e l’ironia che lo ha sempre contraddistinto.

Il fatto che il film non abbia avuto seguito, abbandonando l’idea di creare un Bond “parallelo”, è sintomatico della (cattiva) riuscita dell’operazione. Poco sotto la sufficienza in senso assoluto, il film vale ancora meno, fino a rasentare la blasfemia, se si mette a confronto con la saga “ufficiale” messa su da Salzman e Broccoli.

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