Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film
La macchina da presa si allontana con un movimento grandioso dall’agorà in tumulto. Dal particolare la visione si allarga all’universale: “(la vita)…è una storia piena di rumore e di furia che non significa nulla” (suggerisce Shakespeare) e gli affanni dell’uomo sembrano niente in confronto all’incommensurabile vastità dello spazio, l’eco delle urla terrene si disperde nella perfezione silenziosa del cosmo (mostra Amenabar).
Una scena bellissima, dolente, di una manciata di secondi, che racchiude un possibile punto di vista del film, ricostruzione potente, appassionata, realistica e autentica di un momento storico in fermento, dominato da mutamenti e contrasti radicali.
Amenabar non si schiera con nessuno dei contendenti in lotta, ma racconta comunque con partecipazione una storia sulle conseguenze dell’integralismo religioso, opposto alla vera fede (nel divino, nel sapere), incentrata sulla figura carismatica di Ipazia, per la quale mostra una sincera, ardente ammirazione. La splendida protagonista, libera pensatrice che credeva nella filosofia (interpretata da un’accorata Rachel Weisz), possiede la stessa statura, morale, umana, intellettuale, di un’eroina tragica della tradizione classica, stretta tra la ragion di stato e l’estremismo di tre diversi credo.
E’ destinata a soccombere Ipazia, che si strugge per l’incendio della Biblioteca, che afferma la propria indipendenza, che insegna con la sicurezza di una mente ispirata, che , con gli occhi rivolti al cielo, cerca e insegue per tutta sua esistenza la verità sul movimento (ellittico) delle stelle erranti.
E’ destinata a soccombere perché rappresentante di una verità e di ideali considerati sacrileghi (per più di 1.200 anni).
Marianelli è una garanzia. Il suo score accresce il coinvolgimento e la drammaticità della storia.
Ancora affascinata dal ricordo del suo stile sospeso e perturbante, perfetto per raccontare storie di fantasmi (inglesi) tra le brume, non pensavo che fosse anche capace di emozionare raccontando la Storia attraverso un film che non ha nulla di velato, nascosto o di onirico, a partire dal titolo, Agorà, piazza pubblica, visibile da tutti per definizione.
Il regista spagnolo mi ha sorpreso, realizzando un film accurato e coinvolgente. Non punta il dito in modo saccente, ma segue con viva partecipazione la sorte di Ipazia, si addolora e freme per il sangue versato, per il rogo dei papiri stracciati e la distruzione del “Tempio” del sapere antico. Bellissima l’idea delle riprese aeree che sfumano dall’alto le scene più cruente.
Ha impersonato Ipazia con tutto il trasporto di chi si innamora del proprio personaggio. Bravissima, intensa, ha raggiunto una notevole maturità interpretativa, unita ad una grazia innata.
Emozionante in due scene: la distribuzione del pane e quella finale, con Rachel Weisz nella biblioteca.
Attore sconosciuto (per me) che si è rivelato sorprendente, personaggio centrale e ai margini nello stesso tempo, attraverso cui la storia è filtrata.
Non c’è una voce narrante, ma se ci fosse, sarebbe la sua.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta