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Enter the Void

Regia di Gaspar Noé vedi scheda film

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La recensione su Enter the Void

di alan smithee
8 stelle

Dopo le polemiche, gli scandali, lo shock suscitato a Cannes una decina di anni orsono con l’insostenibile “Irreversible”, il regista d’oltralpe “maledetto” Gaspard Noé torna a farsi vivo sui nostri schermi (con un paio d’anni di ritardo rispetto all’anno di produzione della pellicola e con una distribuzione “fantasma” che ha consentito una fruizione in sala solo a pochi eletti nei grossi centri cittadini) con un film molto interessante che non rinnega anzi conferma per certi versi lo stile a ritroso, con tecnica “rewind”, che contribui’ a rendere gratuitamente inaffrontabile e terribilmente ostica la sua famosa e cruda opera precedente.
In una Tokyo abbagliata da neon fosforescenti che la rendono una metropoli futurista alla Blade Runner, frastagliata da ammassi di cemento brulicanti di anime senza redenzione, la m.d.p. segue alle spalle il nostro protagonista, spacciatore europeo ventenne con sorella diciottenne che lo ha appena raggiunto e si guadagna da vivere come spogliarellista in un sordido club di lap dance. Strafatto in seguito all’ultima dose fumata, il ragazzo raggiunge un locale assieme ad un amico per vendere un po’ di merce ad un altro giovane cliente, ma proprio mentre il commercio sta per essere concluso viene sorpreso dalla polizia. Scappa nel bagno per liberarsi delle pasticche compromettenti ma, nella collutazione viene colpito a morte da un proiettile. A questo punto la m.d.p. si stacca dalle sue spalle e, con una serie di vorticose ellissi, cavalca l’animo del giovane che velocemente ci sta lasciando e vola in alto, ripercorrendo come in un sogno le tappe, talvolta drammatiche, talvolta tenere ed affettuose, della sua vita, dapprima quasi in simbiosi con l’amata sorella, poi separati in due distinti orfanotrofi in seguito alla morte dei genitori in seguito ad un atroce incidente frontale d’auto in cui i ragazzi rimasero miracolosamente illesi.
Va dato atto che il regista mostra un certo carattere nel proseguire con coraggio nel suo stile tortuoso, tecnicamente mirabile ed efficace nello strutturare cronologicamente all’inverso la narrazione degli eventi. Una tecnica che risultava altamente fastidiosa e forzatamente compiaciuta in Irreversible, tanto da giustificarne il massacro mediatico ricevuto in sede festivaliera cannese, ma decisamente piu’ pertinente nel contesto quasi spirituale che traspare nell’ambito di una trama piu’ intimista nel presente notevole film; che sa aprirsi quanto meno all’esistenza di uno spirito decisamente poco terreno: un’anima che un po’ ingenuamente ma con profonda umanita’ continua a seguire le persone alle quali si e’ stati piu’ vicini, rivivendo dall’alto gli episodi piu’ fondamentali (nel bene e nel male) ed intimamente significativi che hanno caratterizzato la singola esistenza terrena. Lo spettatore finisce dunque per cavalcare il tortuoso percorso dell’anima nei meandri piu’ intricati delle sensazioni e delle emozioni terrene del protagonista, percezioni che, per il regista, sono solo apparentemente fenomeni impalpabili ed evanescenti, ma che hanno al contrario la potenza e la forza di rimanere indissolubili rispetto al normale disgregarsi temporale ed inevitabile degli elementi.

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