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Vincere

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Vincere

di maghella
10 stelle

Bellocchio è uno dei grandi registi italiani...e con questo film lo dimostra nuovamente.

 

La storia struggente di Ida Dalser, presunta prima moglie di Benito Mussolini, che gli diede il suo primogenito Benito Albino Mussolini, è lo spunto per raccontare la disperazione di chi si è sentita illusa nel proprio amore, nelle proprie convinzioni e principi.

 

Bellocchio utilizza le immagini, più che i dialoghi, come nostra memoria persa, usa quelle che sono state gli esempi di un tempo ben definito, quello del primo fascismo, delle prime decadi del '900...Quindi ogni scena sembra rubata da un quadro o da una immagine futurista, più che di belle epoque...creando l'ambietazione artefatta propria di quel periodo storico, così ben definito.

 

I corpi avvinghiati di Mussolini e Ida Dalser sono di per se già due testimonianze delle personalità dei due protagonisti, ma anche delle due ideologie che essi rappresentano:

 

Ida passionale e dedita al proprio uomo, si concede tutta, dando ogni parte di sé alla causa, vendendo ogni suo avere e mostrandosi completamente nuda, per permettere al suo uomo di intraprendere il proprio cammino vincente, verso una storia che avrà un esito rovinoso.

 

Mussolini, invece anche nei momenti più passionali, di amplesso, è già proiettato verso un altro tipo di amore, verso una visione di lui come nuovo Napoleone, anche più di Napoleone, osannato dalla folla, imperatore, Duce...Non sceglierà Ida come moglie fascista, troppo indipendente e moderna, troppo futurista...ma sarà la contadina-crocerossina Rachele a stare al suo fianco, così mentre lei da da mangiare alle galline, il Duce potrà cucinare altri tipi di “polli”.

 

La disperazione di Ida, è quella di chi è stata tradita profondamente, e si ostina a non voler credere che ciò sia possibile. Bellocchio utilizza magistralmente le ombre tipiche dei quadri futuristi, e anche i dialoghi sono sferzanti come i “Bang”, “Tump”, “Tic Tac” delle poesie di quel tempo, non lasciano spazio a interpretazioni, arrivano come sferzate...e Ida comincia allora ad urlare.

 

Urla l'ingiustizia della quale è stata vittima, urla di essere riconosciuta come legittima moglie e madre dell'unico primogenito di Mussolini...urla la sua verità che comincia a vacillare di fronte alle bugie enormi che il cinema propone davanti agli occhi estasiati del grande pubblico osannante.

 

Il cinema e le immagini di repertorio diventano protagonisti del film, e scandiscono gli umori e lo stato storico delle vicende...Al cinema la gente comprende quello che la propaganda vuole che essi comprendano, tranne Ida. Al cinema i feriti della grande guerra, compreso Mussolini, esorcizza i propri dolori, guardando la passione di un Cristo muto, tranne Ida che urla violentemente la propria verità. Al cinema Charlotte con “Il monello”rivoluziona l'animo di chi è vittima, portando finalmente sul grande schermo la rivalsa sui soprusi da parte del potere, dando un po' di speranza...

 

Quando Benito Mussolini diventa il Duce, verranno utilizzate solo le immagini di repertorio vere per mostrarlo, e Filippo Timi che lo ha interpretato stupendamente fino alla sua ascesa, darà vita alla figura del figlio Benito Albino...un figlio cresciuto senza un padre presente, ma onnipresente, che tutti gli invidiano e che lui scimmiotta disperatamente davanti agli amici.

 

Giovanna Mezzogiorno è Ida, in una maniera talmente profonda e piena, da commuovere fino alle lacrime, una figura del femminile così audace e completa da doverla ringraziare. Anche lei parte delle innumerevoli scene impressionistiche, rimane bellissima anche quando è completamente in ombra, con il suo solitario carrozzino che porta il suo bambino prezioso, con alle spalle il fumo distante di una guerra che penetra in una galleria milanese fatta di graniglie e ferro battuto liberty...ombre continue che escono dalle nebbie, senza più volti, diventati ormai plebaglia da convincere.

 

I volti veri sono quelli che vengono mostrati durante il film, quelli delle compagne di manicomio di Ida, che saranno le vere testimone della sua travagliata vicenda...quei volti Bellocchio ce li mostra in piena luce senza ombre, senza “impressionare”, reale dolore da osservare, di nuovo senza parole.

 

Ida in manicomio, il duce sui terrazzi a fare discorsi ad un popolo stordito, il figlio Benito anche lui in un ospedale psichiatrico...La sorte di madre e figlio sarà quella di non incontrarsi più, vicini nella malasorte, moriranno tra le mura di prigioni per malati di mente, anche se tutti sanno qual'è la verità...e Bellocchio ci fa guardare lungamente da Ida, in una delle ultime scene, mentre viene portata via in una automobile fascista...Ida ci guarda con occhi implacabili: che non accada più quello che è successo a lei, che la sua delusione serva a non farci illudere più verso certe facili ideologie...Bellocchio ci ha portato l'urlo di Ida attraverso il più lungo degli sguardi, non me lo scorderò facilmente.

 

 

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