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Coraline e la porta magica

Regia di Henry Selick vedi scheda film

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La recensione su Coraline e la porta magica

di Dagoberta_Era
8 stelle

L’adolescenza, con le sue inquietudini e i suoi segreti, trova in questo film una descrizione degna, piena di complessità e sfaccettature. Coraline non è un’adolescente qualunque: ma chi lo è stato? Chi, senza che nessuno se ne accorgesse, non si è sentito un ragazzo dai capelli blu di cui nessuno ricorda il nome?

Cosa fare quando i tuoi genitori, inghiottiti dai loro doveri, sembrano ignorare la tua stessa esistenza?

A questa domanda, Coraline Jones trova risposta in un misterioso mondo parallelo.

Il riadattamento cinematografico del romanzo di Neil Gaiman è fedele quanto basta per introdurre elementi autonomi senza perdere mordente, e lo spettatore si trova subito calato in un mondo dove l’unica nota di colore è proprio Coraline, con i suoi capelli blu. La ragazzina si è dovuta trasferire, controvoglia, in una palazzina desolata dell’Oregon; i suoi genitori sono presi dal lavoro e non la accudiscono - anzi, qualsiasi tentativo di attirare la loro attenzione viene prima ignorato, poi respinto seccamente. A Coraline non resta che aggirarsi nei dintorni del luogo: fa la conoscenza degli strambi vicini di casa, poi di Whyborn, un ragazzino della sua età; e di un gatto spelacchiato.

Il mondo che la circonda è noioso, troppo noioso. Così, quando scopre una piccola porta nel salone, non può che tentare di entrarvi, per poi scoprire che l’ingresso è stato murato. Nella notte, tuttavia, Coraline riapre la porta e si ritrova catapultata in una casa identica alla sua - o quasi. I suoi genitori la accolgono affettuosamente a una tavola splendidamente apparecchiata, il pollo arrosto è pronto… ma sua madre e suo padre, al posto degli occhi, hanno lucidi bottoni.

Coraline è confusa. Qual è l’universo che davvero le appartiene?

L’adolescenza, con le sue inquietudini e i suoi segreti, trova in questo film una descrizione degna, piena di complessità e sfaccettature. Coraline non è un’adolescente qualunque: ma chi lo è stato? Chi, senza che nessuno se ne accorgesse, non si è sentito un ragazzo dai capelli blu di cui nessuno ricorda il nome?

Henry Selick lascia aperte le interpretazioni su quanto gli eventi all’interno del film siano reali o immaginati dalla protagonista, esprimendo così la coraggiosa convinzione che ciò che prende vita nella propria testa abbia la stessa concretezza e lo stesso valore di quel che accade al di fuori di essa. E lo spettatore accompagna Coraline, si sente Coraline, si ricorda di come sia stato difficile iniziare a diventare grande; se è ancora un bambino, può seguire comunque il film, che anche senza i suoi risvolti metaforici si fa apprezzare per lo stile dark, un po’ gotico e un po’ burtoniano, e i personaggi pittoreschi.

Di certo Coraline appartiene alla categoria più nobile dei lungometraggi di animazione: quelli che smentiscono magistralmente la frase “è solo un cartone”.

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