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The Wrestler

Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film

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La recensione su The Wrestler

di barabbovich
2 stelle

Se tra qualche anno dovesse capitarmi di leggere sulle pagine di cronaca dei giornali che gli organizzatori del festival di Venezia sono indagati per truffa, che anche loro hanno un proprio Luciano Moggi, non mi scomporrei minimamente: "Me lo aspettavo", direi. Già, perché davvero non si capisce come - dopo anni di esasperato snobismo - a Venezia gli ultimi premi siamo potuti andare a film come Still Life e Lussuria, fino a quello del 2008, assegnato a The wrestler.
La storia raccontata dal film è quella di un ex campione (Rourke) dello sport da minus habens per eccellenza, il wrestling appunto, a uso e consumo di un pubblico ebefrenico. Vent'anni dopo i fasti che lo portarono alle vette della popolarità, la montagna di carne e muscoli è rimasta sola, arranca per arrivare alla fine del mese e la sua unica compagnia è una lap dancer (Tomei) che esercita in un night club. Quando l'uomo ha un infarto decide di recuperare il rapporto con una figlia (Wood) abbandonata molti anni prima, che di lui però non vuole saperne. I lavoretti di basso cabotaggio gli stanno stretti e allora il campione opta per un ritorno sul ring, pur avendo un by-pass.
Già autore di opere trascurabili (Il teorema del delirio, L'albero della vita, Requiem for a dream), Aronofsky cerca di esibire una cifra autoriale con i soliti trucchi di tendenza: pellicola sgranata, macchina a spalla, sintassi visiva ad hoc, con il protagonista ripreso spessissimo di spalle a sottolineare didascalicamente uno sguardo esterno, che non viene imbrigliato nella finzione della messinscena del wrestling, del quale vengono per l'appunto raccontati i trucchi. Ma in questo lungometraggio fatto di corpi e carne  e basato sull'identificazione tra protagonista e personaggio davvero non c'è altro: sui temi della solitudine, della voglia di riscatto e delle relazioni tra genitori e figli si sono viste cose incommensurabilmente migliori e le due lacrime che scorrono sulla faccia di plastica di Mickey Rourke non sono assolutamente sufficienti a giustificare l'attribuzione al divo della coppa Volpi.
Per l'occasione si è scomodato Bruce Springsteen, voce e chitarra acustica sui titoli di coda.   

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