Regia di Jonathan Demme vedi scheda film
Più che disturbare per la noia che procura, per le inutilmente prolisse sequenze di raduni amical-familiar-cerimoniali, per l’evidente vuoto mentale con cui in maniera assolutamente banale, stereotipata, usata e strausata in mille pellicole Demme si approccia al lavoro, per la non riuscita costruzione di nessuno dei personaggi e delle loro relazioni, sempre in non-spiegato bilico tra odio e amore, rancore e riconoscenza, dentro i quali miseramente affogano le pur buone e generose prove degli attori (bentornata, Debra Winger!), per la mortificazione procurata ad uno stile di ripresa alla “Dogma”, qui usato senza nessuna grazia e senza nessun risultato se non quello di infondere una qual certa claustrofobia, questo film disturba per il livello straordinariamente alto di puritanesimo, di moralismo, della più sfinente melensità dei buoni-valori in salsa anglosassone, a condimento di una non-sostanza pressochè paragonabile a quella del glutammato dei dadi. Un film brodoso, insipido, tutto da dimenticare.
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