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La bella e la bestia

Regia di Jean Cocteau vedi scheda film

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George Smiley

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La recensione su La bella e la bestia

di George Smiley
10 stelle

Sontuoso melodramma. Jean Cocteau nel 1946 ha realizzato un capolavoro che ha avuto enorme influenza sul cinema fantastico successivo, a partire dai film di animazione della Disney (con il remake del 1991) ma anche sul cinema in live-action (si pensi a "Legend" di Ridley Scott del 1985 che nella messa in scena lo ricorda molto e a "Dracula di Bram Stoker"  di Francis Ford Coppola che lo cita apertamente nella scena in cui il conte trasforma in diamanti le lacrime di Mina). In una messa in scena barocca e fiabesca, ricca di costumi appariscenti e di scenografie curatissime, prende vita una delle fiabe europee più famose secondo il testo del 1756 di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, popolata da figure archetipiche del male e del bene questa volta scissi e contrapposti tra l'aspetto fisico e quello caratteriale, con personaggi "belli" e integrati nella società dall'anima marcia intrisa di egoismo, avidità e arrivismo e un mostro che tanto mostruoso non è, vittima di un incantesimo che lo ha reso orribile d'aspetto e gli ha dato istinti ferini ma che gli ha lasciato intatto il buon cuore, la cui solitudine lo ha reso una bestia ma solo superficialmente. In mezzo a questi due poli opposti sta la candida Bella, l'unica in cui essi trovano incontro e i cui valori morali e la cui modestia si irradiano dall'angelica bellezza, l'unica mossa dalla pietas verso il mostro anziché dall'orrore e che riuscirà ad ammansire la bestia e a farle riscoprire la propria umanità. Le trovate sceniche sono semplici ma eleganti e danno all'opera di Cocteau un'atmosfera onirica e sospesa nel tempo, con braccia che spuntano dalle pareti e statue dagli occhi vigili, porte che si spalancano e si chiudono da sole e scene tra sogno e realtà realizzate con un trucco semplicissimo ma geniale, ovvero girando la scena al contrario per poi farla scorrere nel verso giusto (si pensi alla splendida sequenza dell'entrata al castello di Bella, o a quella analoga e precedente di suo padre in cui i candelabri sembrano accendersi da soli mentre in realtà vengono spenti). La recitazione è enfatica e teatrale ma anche se apparirà arcaica vista 70 anni dopo è comunque più che soddisfacente e ben si adatta ad un racconto in cui il regista ci chiede esplicitamente di tornare con la mente all'età in cui eravamo piccoli e ingenui per poter godere appieno del potere immaginifico del suo film. Josette Day è molto affascinante e brava nel ruolo di Bella, ma a rubare la scena è Jean Marais nel doppio ruolo speculare e altamente simbolico della Bestia e di Splendore, il cui aspetto e il cui comportamento stanno all'opposto ma che si ricomporranno nel lieto fine, e che al contrario di ciò che si potrebbe dedurre dalla mole di trucco applicatagli per dare corpo al suo bestiale alter-ego colpisce molto di più nei panni tragici del mostro innamorato piuttosto che in quelli del giovane e avvenente nullafacente. Infine un plauso enorme va fatto necessariamente al lavoro di Georges Auric e Philip Glass, compositori di una colonna sonora che ha dell'eccezionale. Se per caso doveste imbattervi in questo film vi consiglio caldamente di dargli un'occhiata e di esaudire il desiderio di Cocteau guardandolo come si guardava una volta questo tipo di storie: con gli occhi di un bambino.

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