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Legend

Regia di Ridley Scott vedi scheda film

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La recensione su Legend

di maso
7 stelle

Il genere fantasy è uno dei più rappresentativi dei raggianti anni ottanta e Ridley Scott reduce da una tripletta di film cult si avventurò nella realizzazione di "Legend" ormai consapevole delle sue capacità artistiche radicate in anni di esperienza nella produzione pubblicitaria, la sua erudizione nell'universo commercials è più che mai evidente in questo suo quarto film obiettivamente inferiore ai lungometraggi che lo hanno preceduto ma non per questo da liquidare con giudizi negativi visto che anche in questo caso la magia e l'inventiva del suo autore sono disseminate qua e la con trucchi visivi legati alle metodologie tradizionali ben lontane dalle artificiose tecniche digitali che cambieranno il modo di concepire l'effetto speciale da li a pochi anni, per quanto mi riguarda “Legend” è a suo modo un piccolo cult a suggello di un ciclo irripetibile nella parabola artistica del grande Ridley Scott che riuscì a portare a termine questa  impresa nonostante le disavventure produttive che lo hanno flagellato tra le quali va menzionata la distruzione a causa di un incendio del padiglione degli Studios a Pinewood dove furono ricostruite artificialmente le locations naturalistiche che si ammirano nella pellicola.

I fans del regista e non solo loro disprezzano questo film proprio perché reduci dalla libidine estrema provocata alle loro parti intime durante la visione di "I Duellanti", "Blade Runner" e "Alien" assolutamente strepitosi, rivolti ad un pubblico maturo e capace di emozionarsi vertiginosamente se messo a contatto non solo con immagini sbalorditive ma soprattutto con una storia sceneggiata come Dio comanda, "Legend" è invece una favola neanche troppo per bambini in cui rivive l'eterna lotta fra il bene raffigurato dal giovane eroe fanciullo che deve salvare la sua bella innamorata dalle grinfie del Signore delle tenebre alfiere del male.

L'ambientazione bucolica sospesa nel tempo ci trascina subito in un mondo incantato e imprecisato dove convivono folletti e gnomi, usignoli ed unicorni nella più classica delle tradizioni favolistiche, l'armonia fra la natura e i suoi abitanti è immacolata e Scott la descrive con mano leggera proprio perché in precedenza ha introdotto il lato oscuro di questo mondo così luminoso: nella sua dimora nera come la pece circondata da paludi infestate da mostruosità indescrivibili il Signore delle tenebre ha incaricato il suo fedele servitore Blix, un folletto con il volto di strega e dal naso appuntito sagomato sui tratti somatici di Keith Richards, di carpire l'ornamento dell'unicorno capace di spezzare gli equilibri della natura, cancellare la luce e riportare l'oscurità eterna, per procurarselo gli ha consigliato di sfruttare l'innocenza di una fanciulla che è tanto pura quanto ingenua, in questa introduzione Scott vuole creare un alone di mistero intorno al Signore del male del quale ci viene concesso di ascoltare solo la terrificante voce ed osservare il suo trono putrescente da cui ribolle un magma primordiale, la sua figura ci sarà mostrata molto più tardi quando questo mondo incantato si ritroverà avvolto dal gelo dell'inverno e l'oscurità perché Lili la fanciulla innocente ha permesso senza accorgersene di far carpire l'unicorno a Blix che lo ha portato prontamente al suo signore e padrone, spetterà a Jack l'eroe ragazzo dimostrare l'innocenza di Lili e sconfiggere il Signore delle tenebre riportando l'equilibrio nel suo mondo incantato.

La storia è lineare se non per l'alternanza continua di buio e luce che scandisce le stagioni del film, ma il pezzo forte non è ne Cruise eroe in erba ne Mia Sara principessa dal viso algido e dal carattere tenero, il pezzo forte è "The lord of Darkness" tenuto nascosto ai nostri occhi per tutto il primo tempo nella versione europea, ma di questo scottante argomento di discrepanza parlerò più avanti, la lunga sequenza in cui Lili si aggira spaesata nei meandri del castello del maligno per poi essere ammaliata dal fascino dell'oscurità fino a trasformarsi lei stessa in una regina nera a conclusione di un balletto con la sua metà oscura dietro le note ipnotiche di Jerry Goldsmith è solo l'antipasto per l'entrata in scena del diavolo cornuto dalle zampe caprine più terrificante mai visto al cinema: questo personaggio indimenticabile prende vita nelle smorfie demoniache di un irriconoscibile Tim Curry istrionico e martellante come non succedeva dai tempi di TRHPS, Scott lo riprende in modo che ci appaia gigantesco ma gli da anche un aspetto caratteriale di debolezza che suscita quasi compassione ovvero un diavolo che riesca a provare il desiderio di amare, l'intera scena dal ballo con la propria ombra di Lili fino alla risata demoniaca del Signore del male è da annoverare fra l'antologia delle sequenze memorabili del cinema di Scott anche perché le battute pronunciate dall’infernale creatura sono molto intriganti come la mia preferita in assoluto “I sogni di gioventù sono i rimpianti della maturità”, molto bello anche il colpo di scena che riabilita Lili prima dello scontro finale fra Jack ed il suo mostruoso nemico ma è comunque più fulmineo e obbligatorio della scena precedente, nella sua impresa Jack viene aiutato da un manipolo di folletti capitanati da Gump interpretato con inquietante espressività dal mitico David Bennet, l’uomo bambino protagonista di "Il tamburo di latta", restano impressi nella memoria i primi piani dei suoi occhi sgranati.            

Le prime versioni del film montato interamente raggiungevano i centocinquanta minuti e siccome la maggior parte degli spettatori alle anteprime convergevano verso l’annientamento dell’attenzione nemmeno arrivati a metà del film Scott decise di rimontarlo con significativi accorciamenti che diedero alla luce due versioni rispettivamente di 89 minuti per il mercato americano e di 95 per quello europeo ma la diatriba produttiva più grande relativa a “Legend” riguarda la colonna sonora partorita dalla mente geniale del veterano Jerry Goldsmith che la giudicava il suo miglior lavoro in assoluto, superiore anche a “The Omen” che gli valse un meritatissimo Oscar a suggello di una carriera strepitosa, questa incisione diventata con gli anni un pezzo ambitissimo dai collezionisti è molto calzante all’aspetto favolistico del film ed al suo interno convivono pezzi di atmosfera dominati dalle tastiere ed altri che prendono spunto dalla musica celtica oltre ai classici pezzi per coro vocale così cari a Goldsmith, sta di fatto che per il mercato americano i produttori vollero inserire una colonna sonora completamente nuova scritta ed eseguita dai Tangerine dream che in quegli anni erano richiestissimi, per anni si è dibattuto su quale delle due tracce sonore sia la più adatta alle immagini, io credo che il lavoro dei Tangerine dream sia troppo freddo e monocromatico rispetto a quello di Goldsmith, non voglio dire che sia brutto o inadatto ma i Tangerine dream sono dei pionieri della tastiera sintetizzata e la loro colonna sonora è incentrata completamente su questo strumento al contrario dell’opera di Goldsmith ricca di strumenti di ogni genere come corni e campanelli più adatti all’aspetto magico del film.

Jerry Goldsmith si risentì molto per l’ingrato destino a cui la sua opera fu relegata fino al punto di rompere i rapporti con Scott già zoppicanti ai tempi di “Alien”, sta di fatto che molti anni dopo il talentoso regista britannico approvò e fece pubblicare in DVD la versione director’s cut di “Legend” in cui si possono opzionare entrambe le colonne sonore e fare un confronto su quale delle due sia la migliore ma la pubblicazione di questa versione più lunga di circa venti minuti è giudicata dai fans del regista e del film, oltre cha dal sottoscritto, la versione definitiva di “Legend” in cui non sono inserite sequenze aggiuntive particolarmente rilevanti ma in generale le scene già esistenti sono arricchite da frames anche brevi scriteriatamente tagliati che donano più fluidità all’intera pellicola, basta osservare bene ad esempio la scena in cui Jack è messo di fronte alla sua prima prova di coraggio che ha le sembianze dell’orrida strega della palude Meg Mucklebones: nella versione uscita nelle sale lo scudo dove la strega si specchia passa chi sa come dalle mani di Jack al ramo dell’albero mentre nella versione estesa è proprio la strega della palude a strappare dalle mani di Jack lo scudo e ad appenderlo al ramo dell’albero e questo particolare reinserito intelligentemente è solo il primo di una lunga lista che termina con il cambiamento radicale della conclusione del film che è comunque a lieto fine ma ha due notevoli differenze con l’originale uscito nelle sale, inoltre la qualità delle immagini dopo il restauro digitale è lievitata notevolmente tanto che quelle più avvolte dall'oscurità sembrano luccicanti.

“Legend” è un film da riscoprire ed è da classificare tra i migliori di Scott se non per i contenuti quanto meno per la fantasia che racconta e per quella espressa dal suo autore ma purtroppo siamo rimasti davvero in pochi a credere alle favole.

Ridley Scott

Sempre grandioso anche in un film imperfetto come questo

Tom Cruise

Molto giovane e adatto al ruolo ma più carino che bravo

Mia Sara

La sua prova è molto significativa soprattutto nelle sequenze all'interno della reggia del malefico ma in generale è riuscita a creare con la sua interpretazione una principessa atipica e non completamente indifesa che riesce anche a farsi ammaliare dal lato oscuro

Tim Curry

Non nego che per me Tim Curry è un mito, nato con il copione in mano ed anche qui fa la parte del leone, ma che dico leone: del diavolo cornuto

David Bennent

Perfetto per questo ruolo, Gump è un folletto inquietante

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