Espandi menu
cerca
Hunger

Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film

Recensioni

L'autore

emmepi8

emmepi8

Iscritto dall'8 giugno 2002 Vai al suo profilo
  • Seguaci 70
  • Post -
  • Recensioni 5310
  • Playlist 169
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Hunger

di emmepi8
10 stelle

 
Quando si dice sapore di cinema o cinema puro; questo autore, naturalmente, l'ho conosciuto solo con Shame, pur avendo sentito parlare di Hunger, che ho visto poco tempo fa in versione originale, ma pur conoscendo l'inglese, anche se non in maniera molto approfondita, non me lo sono gustato, dato che i due terzi del film sono avari di dialoghi, ma c'è un periodo di oltre venti minuti che è il colloquio con il cappellano, basilare per entrare perfettamente nell'involucro e nel cuore del film, che non ho potuto assapore perfettamente, perdendone alle volte anche i lati più importanti, ma grazie ad un amico volenteroso di Film Tv( devo reiniziare a frequentare di più, dopo questo lungo periodo di volontaria messa in angolo!) ho potuto vedere la versione giusta e quindi godere del sapore del cinema vero, che questo regista ha dentro di sé in maniera indelebile. Un tuffo dentro una storia (come era successo per Shame) in una maniera del tutto personale, ma che di cinema ne è pregna in maniera impressionante; un viaggio intorno ad un corpo a distanza ravvicinata e quasi documentaristica, a dire la verità è un giro intorno ad un corpo con l'ausilio di altri che ne fanno da coro e non solo. Il film fa a meno della voce fuori campo, che esclusi alcuni esempi che confermano la regola e che sono anche capolavori, è sempre un esempio anti-cinematografico per eccellenza, e di altre infrastrutture ordinarie e modestamente elementari, e già da qui si sente l'aria “serena” di cinema che imperversa dalla prima inquadratura all'ultima, compreso il lungo colloquio con il parroco con camera fissa, che mi ha ricordato moltissimo l' Antonioni di Professione Reporter, di cui l'autore deve avere tenuto conto, anche se risolto come racconto in maniera diversa. Le prime immagini che ci introducono il poliziotto penitenziario e le sue mani ferite in maniera per noi misteriosa, ma che più tardi appureremo in maniera cinematograficamente perfetta, sono immagini di cinema intenso. La sua vita domestica sterile e controllata in maniera efficiente, i suoi affetti sincronizzati, forse inesistenti, che appaiono solo dall'occhio quasi curioso, ma non affettuoso o premuroso, della donna dietro la tendina, i suoi rapporti inesistenti con i colleghi, insomma una vita che non c'è, dove non spira un alito di vento e la sua solo distensione è quella di stare fuori al freddo a fumare una sigaretta, magari avendo davanti a sé l'immagine di un topo di fogna, anche lui solitario fra la neve che sta cadendo. Il suo compito fa parte della sua vita e lo assolve con determinazione e freddezza e le ferite che lo affliggono derivano proprio da questo compito e da questa sua determinazione, l'unico affetto possibile e a cui si aggrappa è quello della madre ricoverata in un istituto in preda ad una demenza senile che gli può dare solo un'indifferenza più che distante, e che gli offrirà solo involontariamente il suo grembo al momento della sua morte, ingombrandola con il sangue versato, ma che continuerà a non interessarla in maniera glaciale. Be' solo questo merita un elogio infinito, per aver portato e raggiunto certi valori cinematografici e di racconto in maniera così efficace ed importante, da renderlo un caso a sé. Si sono entusiasta di questo autore, che poi ha raccontato il dramma di una situazione politica e di una persona in maniera drammaticamente giusta e mai affettata o di convenienza; una situazione politica solo riportata in maniera diretta dalla stessa voce della Tatcher che raggiunge l'efficacia voluta.

I comportamenti silenziosi, ma determinati, dei detenuti, il colloquio con il parroco da parte di Bobby che esplicita tutto quello che dobbiamo sapere e che giustificherà tutto il dramma che verrà espresso in immagini, che solo la visionarità espressiva di un pittore può darci e che il regista è. Il silenzio che avvolge il dramma del martirio scelto, la cui determinazione è stata presa già dalla adolescenza a cui le immagini ci riportano in maniera più che significativa, in maniera ragionata, ma senza freddezza. Siamo in un cinema diverso da quello che quello di Loach e Leigh,di un'altra generazione, che ha saputo crescere proprio all'ombra di certi autori e di andare avanti, molto vanti. Controcorrente, ma significativo, la scelta di un soggetto come questo in un' Inghilterra ed Irlanda oggi diverse e, forse, lontane da un periodo terribile come quello.

Sulla trama

Una storia vera, rappresentata al meglio

Su Steve McQueen (I)

debutto nel lungometraggio con il botto

Su Liam Cunningham

Il ruolo sensibile del parroco

Su Michael Fassbender

Una interpretazione intensa

Su Helena Bereen

Il ruolo della madre del poliziotto, l'impassibilità malata

Su Stuart Graham

Il poliziotto senza anima

Su Laine Megaw

Volto della moglie del poliziotto

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati