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Burn After Reading. A prova di spia

Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film

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La recensione su Burn After Reading. A prova di spia

di ROTOTOM
6 stelle

La nuova commedia nichilista dei fratelli Coen chiude idealmente la trilogia dell’Idiota, iniziata con “Brother were are thou” e proseguita deliziosamente con “Intolerable Cruelty”. Idiota con la I maiuscola, quello che segue l’Homo Sapiens compiendo lo scollinamento della parabola evolutiva che porterà il genere umano presumibilmente ad annientarsi nella più totale, felice inconsapevolezza nel breve arco di qualche generazione. Mentre però i fuggitivi di “Brother were where are thou” trovavano nell’insensatezza la spinta per la salvezza; mentre in “Intolerable Cruelty” l’avvocato Clooney agiva scioccamente giustificato dall’accecamento del nobile scaturire dell’amore vero; in questo “Burn after reading” l’uomo è in balìa degli eventi e si lascia condurre verso la distruzione da scelte mutuate dalla semplice equazione azione-reazione, senza alcun filtro intellettuale a smorzarne le conseguenze. Un po’ come le cavie da laboratorio.
Il Destino, da ancestrale grimorio recante le conseguenze delle scelte degli umani, scelte che per un bizzarro senso dell’umorismo del Divino risultano pre-scritte in note a piè di pagina suscitando in taluni il sacro terrore del futuro e l’osservanza del più cieco ed obbediente immobilismo atto a non interferire con la mistica scrittura ed in talaltri la consapevolezza che comunque ad esso non si sarebbe potuti comunque sfuggire delegandone quindi la responsabilità di qualsiasi nefandezza compiuta in vita, si trasforma in Puro Caso, declassandone la misteriosa natura mistica in semplice mirabolante intersecarsi di avvenimenti le cui conseguenze altro non sono che il prodotto esponenziale di tutte le scelte umane. Scelte che, senza alcun stupore, vengono fatte nella più completa insensatezza generando logaritmiche catene di catastrofi ed i cui responsabili, ignari delle conseguenze delle loro dementi azioni e quindi impossibilitati a sentirsi anche solo minimamente colpevoli, continuano a perpetrare idiozia su idiozia fino alla morte. Che ai più, apparirà assurda.
Così basta puntare un dito, dall’alto dello sguardo del Divino, su un punto a caso del mondo: lì. Ed ecco dipanarsi la crudele commedia della banalità del male, della stupidità assurta a modello genetico da tramandare e i cui personaggi casualmente presi in esame, risultano essere gli orgogliosi portatori sani di tale genìa demente. Così Ozzie Cocks, (Malkovich) spia di terzo livello della CIA viene licenziato, la fedifraga moglie (Swinton) lo tradisce con Clooney cretino e sessuopate avvezzo alle avventure reclutate su Internet. Frances McDormand, meravigliosamente disegnata su modelli anche fisici di idiozia conclamata, segue un suo percorso personale di cambiamento e abbisogna di denaro per un numero imprecisato di interventi di chirurgia estetica e grazie all’Idiota Maggiore (Pitt) tenta un ricatto avente come oggetto del contendere un dischetto perso dalla spia, mobilitando i russi. Trama complessa, pezzi di idioti incastrati l’uno nell’altro, l’uno inconsapevole dell’altro, formano un puzzle la cui forma tarda a farsi riconoscere per almeno un tempo buono. L’intento però è chiaro: il Destino e l’Idiota si rincorrono ancora come nel ben più compatto “Non è un paese per vecchi” e si divertono alle spalle degli uomini dominandone le sorti. E’ questo il tema che i due fratelli Coen mettono sistematicamente in scena e non è ben chiaro chi dei due impersoni l’uno o l’altro nella scrittura dei loro film. “Burn after reading” non offre scampo alcuno, la seconda parte è una discesa senza freni verso la tragedia mutuata però dalla verve ironica dei suoi interpreti tutti perfettamente sopra le righe, grossolani e stupidi, divertenti anche ma di quel divertimento ammantato di compatimento e pena che solo gli stupidi veri possono suscitare. La confezione è di lusso, la commedia nera è una specialità della casa, ma quest' ultima prova risulta essere un po’ meno incisiva dei precedenti film, “La signora Ammazzatutti” esclusa, vero unico flop della prolifica coppia di fratellini. La scrittura è come sempre sublime, situazioni e soprattutto i dialoghi aderiscono perfettamente alla fisionomia dei personaggi rendendo plausibile, ai loro occhi, qualsiasi sciocchezza, anche se il grottesco che esonda nel caricaturale risulta essere una forzatura un po’ troppo estrema e l’oggettiva mancanza di un certo ritmo, necessario in questo genere di storie appesantisce il film fino a non farlo scorrere a dovere. Peccato veniale di sbornia post Oscar. Risolve una chiusura secca che riprende quella di “ Non è un paese per vecchi”, in cui il capo del dipartimento CIA, un grande J.K.Simmons, agisce da demiurgo, gnostico ordinatore generato dalla divinità suprema, cancellando prove, cadaveri, tracce in modo che nulla cambi, in modo che i piccoli uomini possano finire di scannarsi fra di loro per banalità, piccole meschinità, desideri puerili. “Cosa abbiamo imparato da questa storia? Nulla, so solo che non lo rifaremo più. Anche se non so dire con sicurezza che cosa abbiamo fatto.” Ecco più o meno la frase finale che riassume l’amoralità della vicenda, mentre il fascicolo della CIA si chiude sui destini degli uomini e lo sguardo del Divino li abbandona. Sconsolato, si presume.

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