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Revolutionary Road

Regia di Sam Mendes vedi scheda film

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La recensione su Revolutionary Road

di FilmTv Rivista
6 stelle

Leo DiCaprio fa l’impiegato, avanti e indietro tra il Connecticut dove la mogliettina Kate Winslet, attrice fallita, accudisce una villetta e la prole, e l’ufficio di Manhattan dove lui intristisce in un’azienda di elettrodomestici. È una delle cose migliori del film, vederlo mettere il cappello e prendere il treno e a colazione ordinare un Martini prima di circuire una nuova segretaria e portarsela a letto. La prima domanda, soprattutto se accompagnati, sarà: c’è davvero tra i due quella differenza di età ora piuttosto evidente e invisibile ai tempi del Titanic? No, non c’è. La seconda: quanto può durare una coppia del genere? Nel tentativo di sfuggire a una vita senza qualità, questo matrimonio qualunque, nell’America del Dopoguerra, tratto da un romanzo emblematico di Richard Yates, sembra avviato da subito verso un destino avverso. Allora ti aspetteresti che, proprio per questo, non accadrà. Il sogno, dolce e aleatorio, di fare i bagagli e partire tutti per Parigi, dove lui è stato durante la guerra, è la chance che per un momento offre ai due un’alternativa al grigiore del proprio mondo. Ma il business dei computer, che l’azienda di DiCaprio annusa, si metterà di traverso. Ciò che deve succedere succederà in modo più tragico di quanto ci si aspetti. Come volevasi dimostrare. È un disegno che lascia poche possibilità ai personaggi e trasforma l’autore di American Beauty, ancora una volta, in uno spietato entomologo da suburbio. Le luci di Roger Deakins (quello dei fratelli Coen), la ricostruzione che ha lo smalto di un Rockwell, rendono il teorema ancor più inattaccabile. Gli unici che a esso si ribellano sono Michael Shannon, eccezionale nella parte del figlio paranoico della vicina di casa (i suoi assoli sono lo zenith del film) e Thomas Newman, alle musiche. La sua partitura, una delle sue più belle dai tempi di Le ali della libertà, palpitante, tutta chiaroscuri, con un finale mozzafiato, ha il potere del sogno che nessuno dei personaggi riesce ad afferrare. Forse meritava un film più bello.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 4 del 2009

Autore: Mario Sesti

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