Espandi menu
cerca
Revolutionary Road

Regia di Sam Mendes vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Davide Schiavoni

Davide Schiavoni

Iscritto dal 10 dicembre 2009 Vai al suo profilo
  • Seguaci 2
  • Post -
  • Recensioni 70
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Revolutionary Road

di Davide Schiavoni
4 stelle

“Revolutionary road” è un film infido, ipocrita, spocchioso e insolente, ma non è facile spiegarne le ragioni. Sam Mendes, come nella sua nota opera d’esordio, s’atteggia a infimo moralizzatore, elevando il microcosmo della middle-class di provincia a non plus ultra della nequizia e della mediocrità umane. Nelle ultime due inquadrature, con la camera che indugia sulle figure d’una viscida coppia di coniugi, c’è tutta l’etica marcia del regista il quale, con la propria aura di superiorità, individua in quegli esemplari antropici la fonte primaria d’ogni negatività.
A cosa, dunque, dovrebbe aspirare, secondo lui, un retto modello di vita? La risposta è: ad un banalissimo trapianto del nucleo familiare in qualche amena ed eccitante metropoli planetaria. Niente di più. Mendes, in buona sostanza, non scardina, dissolve e annienta l’istituzione del matrimonio, come si vorrebbe far credere, ma la critica soltanto se calata all’interno d’una certa comunità o comunque se vincolata ad un modus vivendi iperconformistico; e infatti, con la prospettiva del viaggio di sola andata per Parigi, viene larvatamente proposta la possibilità d’una fuga, d’una via d’uscita e d’una salvezza per i giovani sposini, prefigurandosi così chissà quale ipotetico locus amoenus. In altre parole, non è l’istituzione in sé ad essere deviata e aberrante, ma la congerie di convenzioni sociali che grava su di essa: una visuale tanto angusta (rectius angustissima) poiché, esorbitando da qualsiasi cenno di natura filosofico-antropologica, riconduce l’origine del fallimento del coniugio unicamente -e manicheisticamente- all’influenza nefasta d’una parte della collettività o, peggio ancora, all’essere pienamente integrati in questo stesso sottoinsieme. Ne danno ulteriore conferma le parole del solito pazzo detentore di luminescente saggezza, il quale rinfaccia ai due protagonisti di rovinarsi a vicenda per via della loro speculare inclinazione ad adeguarsi allo status quo delle routinarie relazioni interpersonali.
In tutto ciò, ogni personaggio della storia viene guardato, scrutato e indagato “dall’alto”, come se il cineasta britannico si autopercepisse migliore ed immune all’imperversante degrado. Mendes emette dei giudizi ben precisi ponendosi al di fuori di quel sistema che considera repellente, e quindi ignorando l’intrinseca complessità della vita reale, dove ogni singolo soggetto è implicato, volens nolens, nell’insondabile agire del male.  
Concludendo, “Revolutionary road” è orribile perché il suo autore si rivela incapace d’andare oltre una semplicistica e “partigiana” eziologia; con la conseguenza che la presunta valenza iconoclastica, di cui il film vorrebbe permearsi, ha in realtà solo la dimensione d’una superficialissima “polemicuccia” di quartiere. In più, v’è l’aggravante della forma che avvalora il sospetto di come tutta la messinscena puzzi di artefatto e costruito a tavolino, dalle musiche enfatiche alle sequenze maggiormente pregnanti (si veda, ad es., quella relativa all’alienazione urbana da lavoro). Per il resto, a nulla valgono le ottime prove di Di Caprio e –soprattutto- della Winslet.
Curiosità: “nel 2000 Sam Mendes è stato insignito del titolo di Comandante dell'Ordine dell'Impero Britannico per i suoi meriti in campo artistico” (fonte: Wikipedia). C’è chi è medioborghese e chi nobile: ai posteri l’ardua sentenza su quale delle due posizioni sia più deteriore.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati