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In Bruges - La coscienza dell'assassino

Regia di Martin McDonagh vedi scheda film

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La recensione su In Bruges - La coscienza dell'assassino

di mc 5
8 stelle

Film decisamente singolare, sotto qualunque ottica lo si guardi. D'accordo, è un thriller ma, a parte l'umorismo agrodolce di cui è impregnato, la sceneggiatura e i personaggi depongono sicuramente a favore dell'originalità del film, che vede come protagonisti tre particolari figure di gangster-killer. Uno è il "capo", spietato custode di un rigido codice etico-professionale secondo cui chiunque si macchia di infanticidio deve pagare con la sua stessa vita. E qui emerge dal passato un tragico episodio: un gangster, durante una missione "punitiva" con obiettivo un sacerdote, provoca, per motivi del tutto casuali, la morte di un bambino. L'evento genera nell'animo dell'uomo un tormento ossessivo che non lo abbandonerà mai piu'. Ma il suo boss (Harry) non si accontenta di questo estremo senso di colpa, e allora si inventa un piano per fargli espiare il suo "peccato" in modo risolutivo. Cioè spedisce il killer (Ray) insieme ad un altro collega (Ken) in una sorta di esilio-vacanza in Belgio, nella pittoresca e fiabesca città di Bruges. Cosa si nasconda dietro questa mossa così apparentemente strana è presto detto: quando scatterà il momento piu' adatto, Ken dovrà eliminare Ray. Ma il cinico boss Harry (di un cinismo spinto dalla sceneggiatura oltre limiti ragionevoli, caricando il personaggio di venature grottesche) non ha fatto i conti con la realtà e cioè che Ken, dietro l'apparenza burbera ha un cuore d'oro e prima di uccidere un caro amico e collega, ci pensa non una ma mille volte, scoprendosi così incapace di un gesto del genere. A quel punto allora, Harry entra in gioco personalmente, raggiungendo i suoi due "dipendenti" per risolvere drasticamente il problema in modo definitivo. Lo sfondo di questa vicenda "noir", la placida e sonnecchiante città di Bruges, noiosamente adagiata nella sua ordinarietà di meta turistica, diviene singolarmente la protagonista della storia, quasi assurgendo a una sorta di "luogo dell'anima", di città-emblema di un crocevia fatale dove si incrociano i destini di tre uomini piuttosto diversi fra loro, e che qualche entità superiore pare quasi aver scelto come luogo deputato alla resa dei conti di ciascuno dei tre con le rispettive esistenze. E veniamo alla domanda delle domande: "perchè proprio Bruges?" e non (che so?) qualche cittadina svizzera?. In realtà una risposta vera non esiste, a parte che il regista si era innamorato di Bruges dopo averci passato da turista qualche giorno...E' uno dei tanti dettagli che la dice lunga sulla bizzarria ed estrosità del film, che brilla dunque per originalità e per idee. Intendiamoci, non siamo di fronte ad un'opera eccezionalmente geniale, ma ricca di trovate gustosamente innovative, questo sì, che ne fanno già un piccolo "caso" cinematografico e un probabile "cult movie". Il dipanarsi della vicenda è tutt'altro che ansiogeno, dotandosi anzi di tempi dilatati, se si esclude la concitata mezz'ora finale: e questo è funzionale, teso a creare un "clima" e un "tono", cioè ad allestire un ideale palcoscenico che dìa modo ai protagonisti di scavare adeguatamente dentro sè stessi. Altra carta vincente si rivela essere la moltitudine di personaggi minori collocati lì dalla sceneggiatura, tutti tratteggiati con pochi tocchi sapienti. E questa galleria comprende: una titolare d'albergo tranquilla ma anche un pò troppo ordinaria nel suo eccesso di ovvio buonsenso; un singolare trafficante d'armi con una curiosa fissazione per le alcove; uno sciroccato microcriminale menomato ad un occhio; una graziosissima pusher che troviamo sul set di un remake di "A Venezia un dicembre rosso shocking"(!!); una coppia di coniugi canadesi che non sopportano il fumo delle sigarette; un attore-nano vittima di una depressione che lui cerca di curare con farmaci per cavalli (!!). Insomma mi pare evidente da questi indizi che siamo di fronte ad un gioiellino di originalità creativa. Ma forse la vera genialità sta nell'aver inserito personaggi ed aspetti così singolari in una trama da thriller convenzionale, cioè nell'aver creato un film tutt'altro che eccentrico e men che meno sperimentale eppure a suo modo bizzarro; in due parole: un thriller tradizionale ma infarcito di elementi curiosamente dissonanti. Il film, coproduzione anglo-belga, vede coincidere il ruolo di sceneggiatore e di regista nella persona di tale Martin Mc Donagh qui al suo (felice) debutto nel lungometraggio, dopo varie esperienze minori (però pare che abbia già vinto un Oscar per un cortometraggio!). E finalmente passiamo all'ottimo cast. D'accordo su Colin Farrell, attore di cui apprezziamo la già conclamata versatilità (e che pare ultimamente essersi abbonato al ruolo di assassino pentito e pasticcione). Ma secondo me dal film emerge soprattutto la bravura di uno straordinario Brendan Gleeson, che riesce a dare splendidi tratti di ruvida umanità a questo anziano killer ormai giunto alle soglie del pensionamento. Quanto al terzo gangster, beh, devo confessare che Ralph Fiennes non l'ho mai sopportato (tranne la sua esperienza con Cronenberg in "Spider"), mi è sempre stato antipatico, è una questione di "pelle". Due segnalazioni a cui tengo parecchio fra i ruoli "secondari": innanzitutto il nano, l'attore canadese Jordan Prentice, che qui da noi è stato reso abbastanza famoso da un film che circolò l'anno scorso nelle nostre sale con discreto successo ma di cui mi sfugge ora il titolo (era una black comedy anche quella, e parlava di un funerale)...e "dulcis in fundo" (è il caso di dirlo!) la splendida "francesina" Clemence Poesy, carina da morire, brava ma soprattutto (scusate se insisto) graziosissima. Del film segnalo inoltre i tempi che all'inizio sono dilatati e sapientemente calmi, fino alla preparazione di un movimentato finale in cui succede di tutto: tranquilli, niente spoiler, mi limito a dire che si tratta di un epilogo tutt'altro che consolatorio o rassicurante. Confermo: se non è già un piccolo "cult movie", è destinato a diventarlo. Questo comporta però un'assunzione di responsabilità da parte del buon McDonagh, da cui ci aspettiamo un'"opera seconda" all'altezza di questa.
Considerazione finale. Mai stato a Bruges, come suppongo la maggior parte di voi... ma stando a quanto si vede nel film (chiese gotiche e cigni compresi), sono pronto a schierarmi dalla parte di Colin Farrell: credo che dopo un solo giorno a Bruges sarei già annoiato a morte.
Voto: 8/9

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