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Identikit di un delitto

Regia di Andrew Lau vedi scheda film

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La recensione su Identikit di un delitto

di mc 5
8 stelle

In questo film troviamo al centro una delle figure ricorrenti nel cinema che più di altre offrono un banco di prova per i bravi attori, cioè il ruolo del poliziotto dolente, mai pacificato, alle prese con eventi oscuri del proprio passato che riemergono, e in lotta coi fantasmi della propria mente, alla ricerca di un riscatto personale. Senza dubbio, in tal senso la prova più intensa nel recente passato è stata quella offerta da Daniel Auteil nello splendido "MR 73-L'ultima missione". Ma occorre dire che anche Richard Gere in questa pellicola se la cava con onore. Egli impersona un poliziotto in procinto di andare in pensione, appartenente ad una squadra speciale dedita alle indagini sui crimini a sfondo sessuale. Gere è talmente preso da questo suo lavoro (quasi una "missione" per lui) che ne è assolutamente ossessionato, al punto che i fantasmi dei suoi casi professionali lo inseguono ovunque e in ogni momento, minandone quasi l'equilibrio mentale. Questo suo stato di uomo-poliziotto devastato dai ricordi e ossessionato dai casi irrisolti subisce una svolta quando, proprio alle soglie della pensione (che è poi un collocamento a riposo forzato impostogli dai superiori dato il peggiorare della sua instabilità mentale) ad affrontare un ultimo delicato caso di rapimento di una minorenne gli viene affiancata una agente di nuova nomina, con la quale il rapporto, come primo impatto non è dei più felici, probabilmente a causa di uno scontro fra personalità non proprio omogenee. E qui va riconosciuto il merito di due azzeccatissime performances da parte di due ottimi attori. Lei è la bella (dotata di un fascino non banale) e molto intensa Claire Danes, lui è la superstar hollywoodiana Richard Gere. Una star che si sta dimostrando in gran forma. In questa pellicola interpreta con grande aderenza al personaggio un ruolo sicuramente non facile in cui Gere attinge a tutto il suo bagaglio di esperienza professionale, portando in scena le molteplici sfumature di un uomo irrisolto e inseguito dal suo passato. Questa è la risposta più chiara a quei detrattori che consideravano Gere un attore ormai "bollito" o sul viale del tramonto. E questa sua ottima performance va sommata a quella, pregevolissima, di "Io non sono qui" e anche a quella offerta in "Hunting party", film dileggiato dalla critica ma che io ho apprezzato tantissimo proprio grazie al bel personaggio del reporter di guerra rappresentato dall'attore. Il film è vietato ai minori di 18 anni, divieto giustificato dal clima estremamente "malato" e cupo che attraversa la pellicola, che indaga sui risvolti di gente alterata nella psiche, vittime di deviazioni pericolose a sfondo sessuale. Quando si parla di crimini sessuali collegati ad ambienti opprimenti e malsani, scatta inevitabile il riferimento ai due capostipiti "Seven" e "Il silenzio degli innocenti". E infatti il film attinge parzialmente a quella fonte comune ma la vicenda è messa in scena con stile e criterio molto diversi. E c'è da dire che in questa pellicola esiste sì un'indagine poliziesca che possiede un proprio intreccio, ma ciò che realmente conta e colpisce sono due elementi: l'Atmosfera (cupa, dolente, scura, dolorosa) che percorre costantemente il film divenendone la cifra primaria, e poi lo Stile. Sì perchè questo regista proveniente da Hong Kong, Andrew Lau, si rivela essere stilosissimo, disseminando tutta l'opera di tanti piccoli segni che ne fanno un esercizio di stile. Il risultato di questo incontro fra stile e detective-movie è a mio parere molto ben riuscito, con effetti di notevole suggestione visiva ed emotiva. Non mi addentro in disquisizioni sulla tecnica registica di Lau perchè ignoro del tutto la sua già numerosa filmografia precedente, ma non posso non segnalare che si tratta dell'autore di quell' "Infernal Affairs" che conquistò talmente Scorsese al punto di volerne affrontare il celebre remake "The Departed". Questo valore aggiunto dello "stile" conferisce in qualche modo un tocco di autorialità ad un thriller già di per sè di buona fattura. Va anche detto che il film, proprio per la sua cupa intensità, richiede forse qualche sforzo in più allo spettatore. Intendo dire che il comune spettatore da multisala che va al cinema deciso a godersi un thriller classico forse potrebbe anche annoiarsi di fronte ad una pellicola che non è esattamente mero intrattenimento popolare. Da segnalare la fotografia che fa spesso ricorso a colori desaturati, contribuendo molto bene all'effetto generale complessivo. E anche i dialoghi, frequenti ed incalzanti, fra i due protagonisti sono scritti in modo brillante (la qualità dei dialoghi in un film è da sempre un mio pallino!). Scontato che non trattasi affatto di capolavoro, il film mi ha comunque convinto, al di là poi del fatto che io coi thriller-noir (se fatti bene) ci vado a nozze...
Voto: 8 +

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