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Gomorra

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Gomorra

di cheftony
8 stelle

'o sai che 'a ggente come me ha mandato in Europa 'stu paese 'mmerda? 'o sai quanti operai se so' salvati perché nu facc' shpender' nu cazz' alle loro aziende? E férmate! Guarda! Guà! Guà! Guà! Guà! Che vedi? Ah? Che vedi? […]”

Ho visto come li fai campare. Salvi un operaio a Mestre e uccidi una famiglia a Mondragone!”

Eh, è così che funziona! Ma non l'ho deciso io. Noi arriviamo a risolvere problemi che hanno creato gli altri. Il cromo, l'amianto non l'ho creati io. […] Funziona 'ccussì.”

Funziona 'ccussì?”

E funziona 'ccussì.”

Non funziona 'ccussì!”
“No?”

No.”

No?”

Io non sono comm' te!”

No? E come sei?”

So' ddivers'.”
“Ah sì?”

 

 

Scampia, quartiere dell'estremo nord di Napoli tristemente noto come immensa piazza di spaccio: Totò è un ragazzino nato e cresciuto in questo degrado suburbano, naturalmente attratto dalla malavita, tanto da ritrovarsi aggregato ad uno dei clan coinvolti nella faida degli scissionisti di Secondigliano. Don Ciro (Gianfelice Imparato) è un discreto contabile della camorra, un soldatino preciso e puntuale che approvvigiona col denaro elargito dalla cosca le famiglie di affiliati morti o in galera. Un bimbetto e un mediocre, meccanismi di per sé esterni all'ingranaggio camorrista, ma inevitabilmente coinvolti…

 

Pasquale (Salvatore Cantalupo) è un sarto per marchi di alta moda, ma sfruttato da una vita intera, retribuito al nero e costretto a ritmi impossibili. Venuto a contatto con un gruppo di cinesi, anch'essi non indifferenti al richiamo degli straordinari notturni per sostenere ritmi impensabili e dunque accaparrarsi gli incarichi più prestigiosi, Pasquale accetta in gran segreto un incarico da loro propostogli; un doppio gioco che ha vita breve…

 

Marco (Marco Macor) e Ciro (Ciro Petrone) sono due piccoli malviventi napoletani da quattro soldi, col mito di Tony Montana e con un'infantile ambizione di diventare veri gangster. I due ragazzi si muovono male fin dai primi passi, spiando un gruppo di camorristi per rubarne le armi in un deposito nascosto. Duramente avvisati una prima volta, Marco e Ciro persistono nella loro nervosa bramosia di bruciare le tappe della malavita…

 

Franco (Toni Servillo) è a capo di una ditta di Casal di Principe che smaltisce rifiuti con grande successo e rapidità, caratteristiche che la rendono ricca di contatti con rilevanti aziende del Nord Italia. Dai modi persuasivi e accattivanti, Franco convince tutti di operare nel rispetto della legalità, compreso il suo giovane assistente Roberto (Carmine Paternoster); la realtà è che Franco intrallazza di gran mestiere in modo tale da disporre i rifiuti tossici all'interno di grandi cave o di terreni agricoli dismessi dell'entroterra campano…

 

 

Il dualismo fra Matteo Garrone e Paolo Sorrentino, peraltro poco sensato sul piano cinematografico e più calzante sul piano anagrafico, cominciò a farsi largo nel 2008, quando entrambi gli autori si sono cimentati nei loro lavori più ambiziosi: il napoletano girò l'ottimo “Il divo” incentrato su Giulio Andreotti, mentre il romano diresse “Gomorra”, sulla scia del successo del romanzo di Roberto Saviano (impiegato come co-sceneggiatore).

Film al tempo molto atteso, risulta essere il primo grande successo di pubblico per Garrone, nonché di critica: infatti si prese il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes, mentre il lavoro di Sorrentino si aggiudicò il Premio della Giuria. Se il regista nativo del Vomero tocca l'argomento mafia solo collateralmente (e assai pesantemente), Garrone si butta a capofitto nell'ambiente camorristico, immergendosi nelle infide ambientazioni, nelle torbide dinamiche fra clan, nel tacito convivere nel malaffare.

Gomorra” fornisce uno spaccato corale, formato da storie condotte in parallelo senza che queste si intersechino, se non per un comune denominatore: le leggi non scritte che regolano la vita di chiunque graviti intorno alla camorra, anche di chi crede di esserne estraneo. Funziona 'ccussì”, dice il personaggio di Toni Servillo.

Il film di Garrone non fa nomi (al contrario dell'omonimo romanzo di Saviano), dunque non lo si può ritenere strettamente un film di denuncia, ma “solo” una finzione che ricalca fedelmente meccanismi, modus operandi, procedure e linguaggi (da qui la necessità dei dialetti napoletano e casertano) di un contesto marcio, cruento e senza via d'uscita; un contesto desolante, privo di un qualsiasi macchiettismo che ne alleggerirebbe la portata emotiva, distante dalla maggior parte delle rappresentazioni cinematografiche della malavita. Un film necessario? Non saprei dirlo; l'opinione che mi sono formato su “Gomorra” è quella di un film che non può sconvolgere chi vive nel suddetto contesto, ma scuotere solo chi ne è al di fuori. Non nego che questa sia una mia impressione, della quale non disdegnerei avere conferme o smentite. Resta il fatto che ogni commento levatosi (al tempo e anche dopo) in difesa dell'immagine del Belpaese, ritenuta vilipesa dal film, è sostanzialmente un'immane – pardon – stronzata. Ogni opinione ha pari dignità, non lo metto in dubbio, ma personalmente non posso prendere in minima considerazione un parere così superficiale.

Al di là della potenza dell'opera cinematografica, che – a mio modo di vedere – non tocca quegli apici propri dei capolavori, a Garrone va doverosamente riconosciuta una regia ottima, colma di estetismi rigorosi e funzionali all'audace narrazione impostata. Ricalcando i suoi esordi, il regista romano ricorre ancora a volti poco noti e a gente del posto, ovvero attori non professionisti, taluni veri camorristi. Perché evidentemente, per ritrarre la terribile banalità della presenza camorrista che attanaglia la Campania, basta viverla.

 

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