Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Contrariamente ai due giovani interpreti del film che giocano
ai gangsters scimmiottando in modo grottesco il Tony Montana di Scarface, Garrone
rivisita il cinema di De Palma, Scorsese e Tarantino inserendolo
in un contesto italiano estremo ma assolutamente plausibile.
A differenza dei personaggi sradicati dei modelli di riferimento,
i protagonisti di Gomorra sono stranieri nella propria terra alla quale
non sentono più di appartenere. Il Sistema ha fagocitato gli stessi
uomini che ne fanno parte, l'ambiente
è ridotto ad una gigantesca discarica di immondizia e
gli unici obiettivi da perseguire, persino sul letto di morte,
restano l'illusorio controllo del territorio e il cercare di guadagnar soldi
ad ogni costo.
Aldilà del film di denuncia che mette a nudo la terribile situazione in Campania,
Gomorra è apologo universale sull'autodistruttività dell'uomo,
rappresentazione apocalittica di un presente senza alcuna possibilità di
speranza, in cui l'unica forma di ribellione resta il rifiuto di
fare parte integrante dell'ingranaggio. Garrone dirige con perizia tecnica tenendo d'occhio i maestri
americani senza però scordare la lezione di Pasolini e del neorealismo.
La macchina da presa si muove nervosa, inseguendo da vicino i protagonisti
dei vari episodi nel disbrigo delle loro attività quotidiane e solo a tratti improvvise esplosioni di
violenza irrompono drammaticamente nelle vicende. L'effetto realistico risulta
così efficace e coinvolgente, mentre le metafore sparse qua e là appaiono quasi incidentali.
Ne esce un film intenso e memorabile, premiato meritatamente a Cannes,
che rende finalmente giustizia alla grande tradizione del cinema italiano.
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