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Il Cavaliere Oscuro

Regia di Christopher Nolan vedi scheda film

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La recensione su Il Cavaliere Oscuro

di FilmTv Rivista
6 stelle

Accolto da pubblico e critica con entusiasmo, il nuovo Batman ha una performance che è già leggenda (quella di Heath Ledger, nella parte di Joker), un plot strapieno di svolte (con qualche incomprensibile fragilità: perchè la mafia, a un certo punto, aiuta la polizia?) e un cuore buio che gronda angoscia e paura. Il suo precedente, Batman Begins, dello stesso regista, coadiuvato - come in questo - da David Goyer (una specie di superprofessionista degli adattamenti dei fumetti), si poneva una domanda fondamentale: cos’è che fa di un supereroe un supereroe oltre ai superpoteri, un costume strafico e la tartaruga degli addominali scolpita nella china del fumetto? È la domanda che si fa Alan Moore nel geniale Watchmen, è la stessa domanda che si fa Shyamalan nel bellissimo Unbreakable - e per certi versi è la stessa che si fanno anche i protagonisti di Hellboy o Hancock. Il cavaliere oscuro ha smesso di farsela. Il mondo è il dominio dell’illegalità e della violenza, i nuovi criminali adottano la mentalità del terrorismo (grattacieli in fiamme, ostaggi torturati in video, indifferenza al denaro). Inutile chiedersi cosa sia un supereroe se i suoi superpoteri non fanno la differenza in un presente senza pace, sicurezza, riparo. È l’aspetto più interessante del film. Non c’è bisogno di indossare il costume di Batman per provare l’angoscia di Batman. Nolan, porta il modello del “popcorn movie” a poderosa saturazione (esplosioni, inseguimenti, battaglie urbane), a sagoma espressionista della contemporaneità: un magnete potente e ipnotico delle nostre angosce quotidiane. Mai visto un film d’evasione così pessimista in cui il male sembra una epidemia infettiva, la giustizia un’atroce utopia e la protezione dei propri cari e dei propri affetti una fobia distruttiva. Il cavaliere oscuro non è il capolavoro che dicono (ha almeno mezz’ora di troppo, dialoghi introspettivi da psicodramma e personaggi tutti troppo stressati per diventare amabili o attraenti), ma il mondo che descrive con sinistra e fulgida energia non è solo quello dei fumetti.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 31 del 2008

Autore: Mario Sesti

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