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WALL-E

Regia di Andrew Stanton vedi scheda film

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La recensione su WALL-E

di ROTOTOM
10 stelle

Ho visto cose che voi umani non potete neppure immaginare. Gli umani non possono immaginare più nulla, resi bolsi e stupidamente intontiti da una vita resa inutile da robot servizievoli, dispersi su una nave spaziale da crociera in un punto qualsiasi dell’universo. Sulla terra il piccolo robot Wall E, rimasto da solo per secoli, ha il compito di ripulire, impacchettando e impilando, i rifiuti degli umani di fronte ad uno scenario apocalittico fatto di . Degli umani però ne raccoglie anche le spoglie, quelle della memoria, catalogando e salvando dai rifiuti i simboli di ere passate, oggetti che in qualche modo avevano un ruolo nella vita umana, in un inconsapevole esercizio di nostalgia indotta, propria di chi ha imparato a conoscere il proprio creatore idealizzandolo proprio da quei simboli. Hallo Dolly, ripetuto all’infinito è l’unico aggancio con l’essere umano, ballerino e canterino, che il piccolo robot cerca di imitare. Wall E è un capolavoro di animazione, citazionista e colto, è un concentrato di poesia e umorismo perfettamente calibrato, dove la poesia non è mai pietismo e l’umorismo non è quello fracassone e slapstick dei cartoni animati per bambini da tenere buoni davanti al video o adulti in libera uscita da se stessi. Una fiaba ecologica, di grande spessore, commovente e nostalgica pensando al futuro del tempo che fu. Cortocircuito temporale antinarrativo, coraggiosissimo per un film di animazione, scandito per almeno tutto il primo tempo solo dai suoni, dai rumori, dalle espressioni del robot. Senza una parola che possa definirsi tale. Il piccolo ammasso di ferraglia, un Charlot del futuro sospeso in un mondo di rottami ma che nella sua solitudine non rinuncia alla propria innocenza, si auto-ripara, si commuove di fronte ai film di Gene Kelly e si innamora come un adolescente, è testimone dell’immenso genio dell’uomo e della sua cosmica capacità di creare, specificità unica tra gli esseri viventi e che solo l’uomo stesso può trasmettere. Wall E è una creatura che soffre e che è capace di ridere, giocare con le stelle, di discernere e capire il mondo. Capace di innamorarsi, addirittura. Una capacità dispersa in millenni di assuefazione consumistica e di totale inattività intellettuale, i cui successivi prodotti sono figli di macchine onniscienti, incapaci di dubbi, stupidi e freddi esecutori di complessi programmi che solo scimmiottano la conoscenza e l’emozione.. Wall E che si innamora dell’I-poddosa superefficiente Eve, scalfendone la pericolosa natura, è quando di più delicato si sia mai visto al cinema da anni a questa parte. Colpisce la dolcezza dei movimenti, il pudore di una scoperta, l’amore, che è in grado di cambiare le coordinate al mondo, i suoni alieni dei due robot che si chiamano e si cercano, la capacità in pochi tratti di disegnare su forme metalliche tutta la rosa delle emozioni umane creando con essi empatia e complicità. La seconda parte del film tutta incentrata sulla nave spaziale ricolma di umani ciccionissimi senza memoria della terra e in constante trance ipnotica da immagini è più dinamica, leggera e satirica. Come sempre saranno i diversi a cambiare le cose con Wall E in testa ad una sgangherata ciurma di robot difettosi liberati da una sorta di ospedale psichiatrico per automi (esilarante). Gli esseri umani troveranno la via di casa, troveranno la redenzione e la liberazione da una vita inutile grazie ad un piccolo automa che aveva visto cose che gli umani non erano più in grado di immaginare ma che di quelle cose aveva conservato le prove: la memoria.

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