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Prospettive di un delitto

Regia di Pete Travis vedi scheda film

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La recensione su Prospettive di un delitto

di amandagriss
4 stelle

 

Spagna. Piazza di Salamanca, oggi. Attentato al presidente degli Stati Uniti d'America durante un summit sul terrorismo. Sarà necessario l'ausilio di più punti di vista (le telecamere della rete televisiva addetta alle riprese, una videocamera amatoriale, i poliziotti e gli agenti della sicurezza) per smascherare il o i cospiratori di uno studiatissimo complotto che riserverà non poche sorprese. Film-puzzle che potremmo accostarlo per somiglianza strutturale (almeno per quel che riguarda la parte iniziale) allo straordinario esercizio di stile non fine a se stesso, lo sperimentale Memento di Christopher Nolan, reiterante opera-montaggio che ripropone all'infinito una medesima situazione dallo stesso punto di vista, a cui, ad ogni ripetizione, viene aggiunta una parte inedita.

Più articolato di quest'ultimo, meno radicale dello stesso, il film di Pete Travis, una volta illustrata la situazione, esce dal circuito chiuso iniziale per srotolarsi in una fluida trama action, ad alto tasso adrenalinico fino allo scontato happy end, dove i buoni vincono necessariamente sui cattivi. Incalzante, veloce, capace di mantenere alta l'attenzione per tutta la sua giusta durata (1h'30), Prospettive di un delitto è un'opera corale ben interpretata da azzeccati volti noti al grande pubblico, ognuno in un ruolo significativo: Sigourney Weaver è la risoluta regista tv, William Hurt, la perfetta maschera del presidente americano, Forest Whitaker, l'uomo della folla, Dennis Quaid, una navigata guardia del corpo, il cui recente trauma sul lavoro ricorda quello di Clint Eastwood de Nel centro del mirino e la new entry sul grande schermo Matthew Fox, il Jack del serial tv Lost, è il suo giovane collega. Infine, attori minori, già visti in altri contesti (come Sa?d Taghmaoui) fortemente caratterizzati, a completare il nutrito cast. Personaggi stereotipati (l'uomo comune yankee animato da buoni sentimenti, l'agente-eroe bisognoso di riscatto, gli attentatori colpevoli già dalle facce, un presidente quasi santificato) per la più classica delle lotte tra Bene (l'occidente) e Male (il medio oriente) contrappuntata da spaccati di vita comune (padri di famiglia addolorati, madre e figlia disperse tra la folla colta dal panico) con morale finale pacifista e metaforico monito a lavarci dalla corruzione dello spirito (solo il ritorno alla purezza e all'innocenza proprie di un bambino possono fermare le atrocità di un mondo in rovina). In più il colpo di scena: destabilizzante, inaspettato, se ci lasciamo condizionare dalla familiarità che abbiamo di certi personaggi-attori prestati a determinati (popolarissimi) ruoli, prevedibile, scontato se proprio su tali condizionamenti andiamo a soffermarci. La scelta stilistica è il fulcro del film, è la principale sua attrattiva. Resta, comunque, un'opera di puro, piacevolissimo intrattenimento, che ha ragion d'essere in quanto attinge al nostro più recente passato (il post 11 settembre e l’avanzata tecnologia wireless, capace, come in questo caso, di far miracoli). I ripetuti passaggi sul piccolo schermo confermano il gradimento del pubblico. Da (si fa ) ricordare assieme ad un'altra pellicola (per il medesimo tema affrontato riguardo ‘il covare le serpi in seno’), Five fingers, per nulla tecnicamente virtuosistica e spettacolare ma assai più forte valida e incisiva.

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