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Cloverfield

Regia di Matt Reeves vedi scheda film

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La recensione su Cloverfield

di FilmTv Rivista
4 stelle

L’elaborata strategia promozionale architettata da J.J. Abrams, giocata anche spregiudicatamente sulle paranoie post 9/11, ha fatto di Cloverfield il maggior successo, in un primo weekend di programmazione a gennaio, di tutta la storia del box office statunitense. In America però già cala la polvere e si scorge come alla seconda settimana gli incassi si siano attestati su cifre ben più modeste. Costato intorno ai trenta milioni di dollari, ha ormai ampiamente coperto le spese e quindi poco importa che le regole implicite del viral marketing (ossia: si passa la parola molto più riguardo alle cose che non ci sono piaciute rispetto a quelle che abbiamo apprezzato), gli si stiano ritorcendo contro al botteghino. La pellicola è un atipico monster movie, raccontato con l’espediente di un filmato ritrovato, in cui un gruppo di ragazzi, riuniti per un party, vive in prima persona l’attacco di una gargantuesca creatura a New York. Buon ultimo tra i film di quest’anno girati come un videodiario pressoché amatoriale (ma gli altri e più felici, ossia Rec e Diary of the Dead, da noi devono ancora uscire), questa tecnica in Cloverfield non dà luogo a riflessioni sulla voracità del mezzo (dal pirandelliano Serafino Gubbio in poi) o sulla censura, ma è semplice espediente spettacolare. Infatti inciampa in passaggi poco credibili: riprendere mentre si trascina una persona, per esempio, è scomodo e inutile, la batteria è ovviamente infinita e la telecamera appare indistruttibile oltre il ridicolo. Del resto, anche nell’intreccio la sospensione dell’incredulità è messa a dura prova, con situazioni che si manderebbero giù a stento in un blockbuster o in uno slasher e alle quali non giova lo stile pseudo-documentario. L’immersione che le riprese amatoriali si prefiggono di ottenere, peraltro, è assai meno riuscita di quanto si è visto nei Figli degli uomini o in Bloody Sunday, dove i personaggi erano ugualmente calati in caotiche devastazioni urbane e ripresi con camera a mano, a dimostrazione che anche nell’era di YouTube la regia non è un concetto superato. Cloverfield, comunque, non fa nemmeno vomitare, come sostengono gli strilli di certi giornali per via degli attacchi di nausea di alcuni spettatori, e in giro c’è di peggio, ma, dopo tanto rumore, la sua mediocrità lascia il dubbio che il film sia poco più di un prodotto della campagna mediatica: il buco col marketing intorno.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 6 del 2008

Autore: Andrea Fornasiero

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