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American Gangster

Regia di Ridley Scott vedi scheda film

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George Smiley

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La recensione su American Gangster

di George Smiley
8 stelle

« Le cose sono due a questo mondo: o sei qualcuno o non sei nessuno. »

Ispirato alla vera storia del narcotrafficante di colore Frank Lucas, autista e pupillo del malavitoso Bumpy Johnson e in seguito egli stesso boss di Harlem e gestore dello spaccio di eroina nel paese, American Gangster è davvero un bel film, uno di quei film di gangster che rispettano gli irraggiungibili modelli di De Palma, Coppola e Scorsese ma che non li fanno rimpiangere minimamente, grazie a un soggetto interessante e a una squadra di validi collaboratori agli ordini di un grande regista come Ridley Scott, il quale sembra a suo agio in film in cui può far esplodere tutta l’intensità del suo cinema e l’eleganza del suo impareggiabile gusto estetico, basti pensare al già ottimo poliziesco Black Rain. Qui siamo alle prese con l’ascesa e il declino nel mondo del crimine di un uomo venuto dalla strada, che ha fatto dell’ordine, dell’organizzazione e della sobrietà le chiavi del suo successo, arrivando a gestire il traffico di eroina a livello nazionale e arricchendosi smisuratamente in brevissimo tempo. Grazie infatti alla grandiosa idea di importare eroina pura direttamente dalla Thailandia per poi rivenderla a prezzi stracciati, ribattezzata per l’occasione Blue Magic, Frank irrompe sul mercato sbaragliando la concorrenza e ristabilendo velocemente l’ordine e la calma ad Harlem in seguito alla morte di Bumpy, uccidendo se necessario i suoi oppositori e al tempo stesso coinvolgendo la sua famiglia nella proficua attività, arricchendo i vari parenti. La sua rapida ascesa attirerà però le attenzioni del detective Richie Roberts, uomo onesto e incorruttibile sul posto di lavoro ma disastroso nella vita privata, al punto da essere impelagato in un divorzio con tanto di battaglia legale per la custodia del figlio, messo a capo di una squadra speciale nata con lo scopo di stanare i pesci grossi del traffico di stupefacenti. Il film è un lungo rincorrersi e intrecciarsi delle storie parallele dei due protagonisti, apparentemente agli antipodi ma ugualmente imperfetti e complessi: se da un lato Frank Lucas è un assassino, un uomo capace di uccidere a sangue freddo un altro essere umano, un uomo che con la sua eroina causa la morte di migliaia di persone, dall’altro lato ha una vita familiare irreprensibile, è gentile, educato, fa ogni cosa con amore e dedizione ed è generoso con la gente comune; Richie Roberts, dal canto suo, è esemplare sul posto di lavoro, ma non esita a tradire sua moglie, a sacrificarsi sul lavoro a discapito di suo figlio, è un padre e un marito assente e completamente inaffidabile, la cui rigidità sul posto di lavoro sembra quasi un modo di lavarsi la coscienza dalla sua inettitudine nella vita di tutti i giorni. In mezzo a questo confronto-scontro di due personalità agli antipodi, le quali nel momento dell’incontro arriveranno a un compromesso e perfino ad una sorta di complicità, l’America degli anni ’60-’70, completamente soggiogata dalla droga e corrotta sino alle fondamenta, nella quale la polizia non è meno malfamata della vera e propria malavita organizzata e persino l’esercito partecipa al gigantesco traffico che si sviluppa a partire dal cosiddetto Triangolo d’oro (la seconda area asiatica per importanza e dimensione della produzione dell'oppio, compresa fra la Birmania, il Laos, la Thailandia e il Vietnam), in uno spaccato storico che lascia ben poche possibilità di distinguere fra buoni e cattivi, gettando l’ombra del relativismo su tutto e tutti e mostrando le contraddizioni di un paese nato e cresciuto nella violenza e nel sopruso, in cui l’etica chiude gli occhi di fronte all’interesse economico e il potere appare colluso con il crimine nella rincorsa al profitto. Scott dirige con maestria un affresco dell’America di ieri che rispecchia quella di oggi, e lo fa con stile pacato ma autorevole, proprio come il suo protagonista, disseminando la visione di fotogrammi potenti, ben fotografati e montati egregiamente dal solito Pietro Scalia, come le scene del viaggio di Frank a Bangkok, la sparatoria fra i narcotrafficanti e la polizia nelle case popolari, le scene in cui i tossici si iniettano in vena l’eroina e la sequenza dell’arresto di Frank. Al resto ci pensano i due ottimi protagonisti, Denzel Washington e Russel Crowe, con il primo che ritrae con grande maestria uno dei personaggi più interessanti e carismatici della sua carriera, attorniati da un cast assemblato ancora una volta in maniera ineccepibile, in cui spiccano il bravo Josh Brolin, impegnato nell’interpretazione di un poliziotto corrotto e borioso che rappresenta la faccia peggiore del corpo di polizia, e la piccola ma significativa partecipazione di Armand Assante.

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