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You, the Living

Regia di Roy Andersson vedi scheda film

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La recensione su You, the Living

di ed wood
8 stelle

Imperdibile come ogni opera di questo genio misconosciuto del cinema contemporaneo, "You, The Living" è tuttavia inferiore al capolavoro assoluto "Canti dal secondo piano". Di quest'ultimo vengono riprese le coordinate estetiche e poetiche: fra piglio umoristico, intermezzi musical, inquadrature immobili, scenografie stilizzate, fotografia plumbea, garbato estro visionario, cura maniacale del dettaglio e gestione complessa di prospettiva e profondità di campo, scorre la tragicomica sinfonia di una umanità triste e buffa. In Roy Andersson, surrealismo ed esistenzialismo coincidono, forse per la prima volta dai tempi di Fellini. Lo spirito melanconico e clownesco del riminese, prosciugato dal sapore dolce-amaro del ricordo, permea un'opera dove il confine fra il drammatico e il ridicolo viene definitivamente abbattuto: è il trionfo del grottesco come unico "mood" possibile. Per la forma, ancor più che Fellini, andrebbe chiamato in causa Tati, che ispira Andersson col suo humour ubiquo e stratificato. Il popolino scandinavo ritratto da Andersson appartiene ad ogni classe sociale: dai commessi alle insegnanti, dai barbieri arabi alle disoccupate, fino ad arrivare ai ricchi speculatori che poi però si fanno fregare il portafoglio. Sono esseri alla deriva, che non comunicano fra di loro, se non (stancamente) con il rispettivo coniuge o compagno: una vita al minimo. Eppure Andersson ce li mostra uniti nella loro normale e quotidiana sventura, attraverso peculiari accorgimenti di messinscena: li vediamo ad esempio chiusi ciascuno nel loro abitacolo, a guardar fuori dalla finestra, abbagliati dai lampi di un temporale che è lo stesso per tutti. Ciò che la società divide, erigendo barriere tramite istituzioni come la Famiglia o il Lavoro, la Natura (o un ipotetico Dio) riunisce sotto un dominio che pone tutti quanti sullo stesso livello. Ma a creare questa sensazione di unificazione, livellamento, coralità di esistenze e destini è soprattutto la musica. Quest'ultima caratterizza il film, fin dalla definizione dei personaggi: quattro di loro suonano in una banda (funerali e marce militari), uno suona e canta in un gruppo rock, intere tavolate cantano ad una cena di gala, una folla di sconosciuti inneggia (in sogno) alle nozze di una giovane coppia. Quella che in "Canti" era una delle (tante) brillanti intuzioni, qui diventa cifra espressiva dominante, grazie a ripetuti raccordi sonori fra un'inquadratura e l'altra. I canti di un'anima sforano il proprio esiguo spazio scenico e inondano le vite degli altri: nessuno può dirsi impermeabile al flusso aereo e impalpabile delle note, meste o gioiose che siano. L'incipit, del resto, chiarisce subito l'impronta umoristico-musicale, mettendo sul piatto addirittura un grottesco rap! Come detto, però, il film non raggiunge le vette di ispirazione e genialità di "Canti dal secondo piano", il quale poteva contare su una struttura più compatta, un simbolismo più convincente, maggior fascino plastico ed una parte finale in cui ci si affacciava, con tono sempre più disperato, ai massimi sistemi (la religione, il mercantilismo) fino ad esiti iconoclasti. In "You, The Living", la struttura è fin troppo frammentaria, i personaggi paiono sempre più figurine abbandonate a se stesse; non c'è una traiettoria verso un abisso di senso come nel film precedente, ma un ristagno nell'orizzontalità di una condizione umana che non prevede nè apocalisse nè redenzione. Di conseguenza, la successione di sequenze perde efficacia, riducendosi troppo spesso ad una rassegna di caustiche vignette che strappano certamente parecchie risate, ma che appartengono forse più al cabaret televisivo o al teatro dell'assurdo che al cinema d'autore: un esempio per tutti, il call'n'response di una coppia durante una scopata, con l'uomo che si lamenta delle miserie finanziarie contrappuntato ritmicamente dai gridolini della donna! L'immagine conclusiva dei cacciabombardieri schierati sul cielo di Stoccolma non ha abbastanza potenza per suggerire una spiazzante chiave di lettura. Resta comunque un film da vedere e rivedere, pieno di momenti spassosi, intelligenza, fantasia e un paio di strepitose sequenze oniriche che da sole valgono la visione.

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