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Il caso Thomas Crawford

Regia di Gregory Hoblit vedi scheda film

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La recensione su Il caso Thomas Crawford

di mc 5
6 stelle

Ho deciso di recuperare questo thriller perchè da queste parti, nonostante sia uscito da tre settimane e nonostante le accoglienze piuttosto freddine da parte della critica, pare stia andando benino quanto ad incassi: anche alla proiezione cui ho assistito la sala era discretamente popolata. Si tratta di un thriller con qualche sfumatura noir, piuttosto classico e tutto sommato convenzionale e forse è proprio questo l'elemento che attira il gradimento del pubblico. Anzi, potremmo inserirlo nel nutrito filone dei legal-thriller, visto che buona parte del film ha come sfondo l'aula di un tribunale e che il co-protagonista è un procuratore della pubblica accusa. In pratica il film è dominato dalla sfida, tenace e infaticabile, fra due personaggi: da una parte il giovane ed ambizioso avvocato Ryan Gosling e dall'altra il mefistofelico ed ambiguo uxoricida Anthony Hopkins. Di Gosling si dicono meraviglie in giro, pare che tra gli emergenti sia uno degli attori piu' accreditati dalla stampa, ma a me non è che dica molto, cioè credo sia bravino ma le sue qualità siano abbastanza ordinarie. E veniamo all'ingombrante Hopkins, ormai un mito vivente della recitazione, uno che con la sua impronta leonina può condizionare qualsiasi film, anche solo con un movimento degli occhi...Le critiche che ho raccolto in rete su questo suo ultimo personaggio convergono tutte su un punto: che Hopkins, cioè, metta troppa enfasi nel caricare di "diabolicità" il proprio ruolo, e dunque si ostini a vivere un pò di rendita della fama derivatagli da quell'autentica icona del cinema che fu Hannibal Lecter: io credo che sia parzialmente vero, nel senso che Hopkins ha fatto di questo suo modo di esprimersi la sua primaria cifra stilistica, ma resta pur sempre un magnifico istrione. Se penso però ai grandissimi attori, a quelli che hanno acquisito fama leggendaria, tipo Lawrence Olivier, Alec Guinness, Michael Caine, devo dire che i tre nomi che ho appena citato hanno mostrato senz'altro maggiore versatilità e capacità di adattarsi a ruoli molto diversificati. Se qualcosa si può imputare a Hopkins è quindi di essere rimasto un pò prigioniero del cannibale piu' famoso della storia del cinema. Ma anche senza tirare in ballo Lecter, Hopkins, pur restando un gigante della recitazione, negli ultimi anni si è mostrato un pò troppo monocorde e troppo legato a tutta una serie di clichès espressivi. Qui abbiamo un ingegnere aeronautico che, consapevole che la moglie lo tradisce con un poliziotto, elabora in ogni minimo dettaglio un piano diabolico che parte proprio dalla eliminazione fisica della moglie. E forse questo inizio di sceneggiatura, così classico e suggestivo, è la cosa migliore del film. Peccato però che, dopo questo incipit foriero di appassionanti sviluppi, il seguito non sia all'altezza e si trascini un pò stancamente nell'aula di un tribunale, fra uno sguardo luciferino di Hopkins e un'espressione stupefatta di Gosling. In sostanza, una storia che si annuncia classicamente come un thriller intrigante ma che mantiene le promesse solo a metà. Di chi la colpa? Va distribuita su piu' piani. Intanto c'è una confezione forse un pò troppo patinata, poi la regìa non possiede la capacità di dare un'impronta decisa; a questo aggiungiamo un Gosling che impazza (in fondo il protagonista è lui) ma che non (mi) convince: tanto poi alla fine lo spettatore "medio-televisivo" di bocca buona si gode il repertorio di tic e occhiatacce di Hopkins e torna a casa soddisfatto. Al contrario, chi coltiva interesse particolare per il genere thriller-noir ed è un tantino smaliziato, resterà con piu' di una perplessità, come è capitato al sottoscritto. Manca una tensione narrativa. La scrittura è scolastica. Certi sofisticati giochi di luce e un elegante uso della fotografia alla fine risultano sprecati, perchè poi il film che li ospita è modesto. In sintesi: confezione di lusso per un thriller privo dell'autentica inquietudine necessaria. E infine un dettaglio assolutamente demenziale, totalmente imputabile alla distribuzione italiana: il film si intitola in realtà "Fracture", ma i distributori, cambiando addirittura il nome del protagonista da Theodore a Thomas (!) gli hanno attribuito un titolo diverso per creare una assonanza con un vecchio film degli anni '70, "Il caso Thomas Crown" (che con questo non c'entra proprio niente!). Roba da matti.

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