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Come tu mi vuoi

Regia di Volfango De Biasi vedi scheda film

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La recensione su Come tu mi vuoi

di cantautoredelnulla
4 stelle

Ho scelto di vedere questo film perché ero incuriosito dal tema e mi ero chiesto: come sarà affrontato un film adolescenziale che parla di uno dei più grandi complessi dell'adolescenza, la crisi dell'aspetto fisico e dello sviluppo?
Il risultato è imbarazzante, la sceneggiatura è quel che è, cioè qualcosa di scontato e inascoltabile, il soggetto resta un buono spunto, ma lo sviluppo della storia è inaccettabile. Ho passato metà del film a pensare che era meglio se spegnevo o cambiavo titolo, perché il messaggio che il film comunica è pericoloso. Il film, in quanto prodotto per la massa, giustifica l'esistenza della moda di massa, degli status symbol, del culto dell'apparenza come uno strumento arrivistico per raggiungere i propri obiettivi.
La protagonista che all'inizio del film vanta di avere degli ideali, non ci pensa su due volte a calpestarli e il riassunto di tutto è: l'animo umano è corruttibile. Bella scoperta! E il secondo messaggio che viene lanciato è che chi decide di stare fuori dalla massa e la giudica e la critica lo fa perché non può permettersi quello che si permettono gli altri.  Una tesi del genere profilata in un film del genere, rende la pellicola a dir poco indecente.
Il culto della personalità non per amor proprio, ma per piacere agli altri, per ottenere le cose che si desiderano, è qualcosa di preoccupante e veramente sbagliato.
Forse si può contestare che nel finale proprio il ragazzo-prodotto di questa società è quello che finalmente decide, è quello che forse il pensiero complesso l'ha finalmente sviluppato e passa a una nuova età, ma il tutto è veramente troppo debole e quello che rimane è l'amaro di una ragazza brutta, ma con la testa, che decide di usare la propria intelligenza per farsi avvenente e ottenere quello che gli pare. 
Cos'aveva in testa il regista quando ha girato questo film? Forse credeva di denunciare qualcosa o voleva dirci che la coerenza non è una cosa che appartiene all'essere umano? E' vero, per carità, meglio la dinamicità che la staticità, nella dinamicità si cresce e crescono anche i protagonisti del film, ma il problema è forse quello che rimane dopo i titoli di coda, cioè la cultura sottostante a una pellicola.
Se la protagonista era davvero convinta, come diceva, delle proprie teorie non avrebbe mai accettato di spendere 1500 euro per farsi fighetta e "mignotta" (citazione testuale del film). Anche di fronte all'opportunità una persona, a prescindere dall'età, se crede nelle proprie idee, le difende e rifiuta, a testa alta, la corruzione. Quindi che razza di personaggio ha dovuto recitare la Capotondi?
Però, va aggiunto un però. Se il film mi ha scocciato tanto e mi ha fatto balenare in testa l'idea di piantarlo lì e mi ha fatto infuriare, come si può capire dalle righe precedenti, forse non è del tutto sbagliato. Forse riesce a scuotere, nelle persone che lo conservano, il senso critico verso la mercificazione (parola abusata nel film e di cui quindi mi sento in diritto di abusare anche io) del proprio io e la necessità di essere legati a ciò che ci attrae, ma che per qualche strano meccanismo rinneghiamo. Perché alla fine, se Giada fosse stata quella che era, non si sarebbe mai innamorata dell'uomo-apparenza Riccardo. E invece cede all'attrazione sessuale per rimangiarsi quello che ha difeso fino a cinque minuti prima.
C'è molto di più nella gioventù che la droga, il sesso e la discoteca. Peccato che questo film non ce lo faccia vedere e propini degli stereotipi più o meno veridici, ma troppo banali, scontati e inflazionati per parlarci di qualcosa di più importante. Meglio rivedersi un cartone del brutto anatroccolo, ancora meglio è prendere il libro e leggerselo (e sull'argomento, una favola moderna che vale la pena di leggere è "Che animale sei?" di Paola Mastrocola) che perdere tempo a guardare questo film.
O forse mi sbaglio ancora e guardare questo film è giusto perché alimenta la voglia di cercare altro e poi, va bene i pregiudizi, ma abbatterli e aprirsi alla possibilità di ricredersi è sempre, comunque, un arricchimento a cui non bisognerebbe mai rinunciare, non fosse altro per la curiosità intellettuale che sta alla base di ogni analisi e di ogni ricerca.

Su Cristiana Capotondi

Accademica, apparentemente stretta nel personaggio di Giada, interpreta fisicamente bene la nerd e la femme fatale, cambiando registro ed espressioni, il che fa trapelare un po' di talento, che però non può essere liberato. Non credo sia colpa sua e credo che abbia ancora tanta strada da fare per migliorare, anche se dà prova di crescita di film in film. Ma in questo film non brilla.

Su Niccolò Senni

Bella presenza, anche lui legato come la protagonista al ruolo, forse anche troppo caricato. Una prova media, niente di memorabile.

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