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Un'altra giovinezza

Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film

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La recensione su Un'altra giovinezza

di ROTOTOM
6 stelle

Filosofia orientale, piani temporali paralleli e coincidenti, simbologie e sperimentazione visiva.
Si fa fatica a crederci. Facendo scommettere un cinefilo rimasto negli ultimi 6 mesi su un’isola deserta, egli punterebbe i propri figli su un Lynch denudato delle proprie immagini. Invece è Coppola. E in effetti c’è qualcosa di magistrale nell’epica inconcludente di questo film, nonostante il coraggio della sperimentazione delle immagini distorte, inquadrature sghembe o capovolte, il senso di smarrimento all’interno di un sé sconosciuto è molto più incomprensibile al regista stesso che al suo alter ego su pellicola. Lingua fratto tempo elevato alla n anni. La formula segreta dell’anziano studioso di linguistica Dominic Matei (Tim Roth) che ha una seconda opportunità per rattoppare una vita spesa né bene né male alla ricerca dell’inizio disarticolato del linguaggio e della consapevolezza umana, piove letteralmente dal cielo sotto forma di fulmine, che lo prende in pieno. Ringiovanisce, si sdoppia in una personalità che lo guida come un angelo protettore mentre i nazisti (siamo nel 1938) provano a replicare scientificamente il fenomeno. Il Tempo, la più crudele invenzione dell’uomo, lo grazia permettendogli di continuare la sua opera di studioso dell’origine del linguaggio, retrocedendo agli albori della civiltà grazie anche alla gentile intercessione di Veronica, un’altra fulminata di passaggio, reincarnazione di un monaco tibetano nonché sosia di Laura, sua amata persa anni prima. Un’opportunità quella dello studioso, che coincide idealmente con la voglia di Coppola di confrontarsi con un tipo di cinema completamente diverso da quello espresso magnificamente fino a dieci anni fa, prendendo spunto da un libro dallo studioso di religioni Mircea Elide. Dominc risale il fiume del tempo alla ricerca del proprio personale colonnello Kurtz, il principio della filosofia e della consapevolezza del sé, coincidente con la nascita del linguaggio ed egli stesso galleggia nel tempo, costretto a scegliere tra le sue anime scisse in ragione e sentimento. E' un Principe Vlad condannato dall’eternità a vampirizzare il suo amore per dare un senso alla propria vita, la sua grande opera incompiuta. Temi già presenti, quindi, nelle opere precendenti, ma l’ Io grandioso dell’epica Coppoliana, qui riemerge a fior di pelle e palesandosi perde quella forza che lo connotava, disperso in una posticcia rappresentazione meramente verbosa e calligrafica che ne smorza l’impatto emotivo a favore di una cerebrale auto referenzialità. E’ una questione di scelte, la giovinezza ritrovata. Tra il freddo della ragione e il calore dell’amore Dominic, pur in possesso della conoscenza bramata per tutta la vita, sceglie il secondo, rinunciando a capire pur di sentire, infrange lo specchio in cui si riflette il suo doppio e come un novello Dorian Gray ricomincia ad invecchiare. Coppola, libero da qualsiasi vincolo produttivo, la sua giovinezza ritrovata, sceglie il contrario, abbraccia la materia e non sottintende nulla, piega la sua conoscenza di vita, il cinema, ai suoi voleri e ricomincia da capo lasciando la passione a specchiarsi altrove, nel tempo.Mi sono sempre trovato in disaccordo con chi fantasticasse su quanto sarebbe bello tornare giovani, mantenendo però integra l’esperienza fino ad allora accumulata. Un giovane con l’esperienza di un vecchio, che abominio. Il sapere che diventa saccenza, l’incomunicabilità con i coetanei più vigorosi in quanto mossi dal coraggio incosciente del piacere della scoperta. Un “nerd” infelice e intellettualmente obeso, fermo nella pesantezza degli anni comunque accumulati. Dei Qui Quo e Qua, che hanno divorato tutti i Manuali delle Giovani Marmotte e ora stanno lì, a guardare gli altri che giocano al pallone. L’incoscienza non si può scimmiottare, diventa un atto cosciente , negando quindi il risultato già nell’enunciato. Il titolo del film di Coppola, quello originale, “Gioventù senza gioventù” è molto più pertinente rispetto alla traduzione italiana. Poiché un’altra giovinezza permetterebbe un nuovo inizio azzerato da tutto, una rinascita corroborata in tutta la freschezza e la potenza della nuova vita. Gioventù senza gioventù, allude ad una mancanza, una mutilazione di una parte fondamentale dell’essere appunto giovane, l’età senza il privilegio dell’età: l’assenza di conoscenza. Riempire gli spazi vuoti di un sé sempre nuovo, questa è la giovinezza, unire i puntini da 0 a 1000 per vedere che persone diventeremo, cosa riusciremo a creare fondando la nostra privata filosofia. Negare tutto e ripartire è un’utopia come il desiderio populista della pace del mondo o meno tasse per tutti. Lo sforzo di cancellare e ricreare è mostruosamente superiore a creare in piena empatia con le leggi dello spirito, è uno sforzo prima di tutto cerebrale che nega per partito preso, millantando freschezza e nel contempo pretendendo credito proprio dal passato che rinnega. E il film di Coppola è così, cerebrale e noioso come un bambino prodigio che parla con l’esasperata consapevolezza dell’adulto, tecnicamente ineccepibile ma senza l’incoscienza dell’opera prima, è la conoscenza profonda spacciata per ricerca sponsorizzata da un cognome famoso. La macchina da presa è sempre ferma. Non c’è movimento in realtà, scelta stilistica che rifiuta l’emotività registrando semplicemente l’evento, mistero mistico fantasy che si risolve nella parola. Il tempo è fermo come è ferma la camera su una storia non personale e non capita. O forse capita talmente tanto da essere traducibile solo con un pizzico di presunzione. Non è lo sguardo di un giovane regista curioso, è quello di un grande regista mascherato da pivello, sul cui grembiule ha ricamato le cifre: FFC.….

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