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La jena di Oakland

Regia di Harry Horner vedi scheda film

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La recensione su La jena di Oakland

di alan smithee
7 stelle

IL CINEMA AI TEMPI DELLA QUARANTENA
Nell'inquietante incipit assistiamo uno strambo personaggio dall'aria mite congedarsi in modo molto strano dalla padrona di casa presso cui ha offerto il suo servizio di ripulitore di case.
Notiamo lo stesso uomo mentre corre tra i binari ferroviari per imbarcarsi abusivamente su un treno merci che lo porti distante da quel luogo, e lo ritroviamo nei pressi della grande casa in cui troviamo una indaffarata padrona di casa, la ancor giovane vedova Elena Gordon, mentre si congeda da un affezionato ed anziano inquilino, e mentre si accinge a ripulire e a mettere in ordine la sua impolverata vecchia magione, in attesa di poterla ricollocare ad altri clienti.
Ad aiutarla nell'opera di riassetto sopraggiunge pertanto il timido e riservato Howard, che noi spettatori abbiamo già tristemente conosciuto, e che si presenta come una persona mite e coscienziosa, piena di iniziativa e molto precisa nell'esplicare i pesanti lavori di pulizia richiesti.

Ma man mano che i due hanno modo di parlarsi, emerge sempre più evidente nell'uomo una singolarità del proprio atteggiamento, che nasconde una dolorosa frustrazione per non essere mai stato preso sul serio nelle ambizioni a cui egli ha sempre anelato, come quello di arruolarsi al pari del marito scomparso della proprietaria di casa.
Howard si rivelerà come il folle personaggio autore del crimine efferato con cui ha inizio la pellicola, e finirà per tenere in ostaggio la povera Elena, almeno fin tanto che, con il suo atteggiamento comprensivo e pacifico, ella riuscirà a ricondurre alla ragione un uomo devastato da una doppia personalità che fa convivere in una eterna lotta la parte buona e coscienziosa, con quella folle e pronta a tutto pur di difendersi dai torti e dalle umiliazioni subite.
Sotto la direzione di Harry Horner, più noto come scenografo che come regista, in questa asciutta e concisa produzione RKO si riforma la splendida coppia Ida Lupino/Robert Ryan un anno dopo il fortunato e riuscito thriller di Nicholas Ray, Neve rossa.

Anche qui le atmosfere sono quelle del noir psicologico, ma in questo caso l vicenda, dopo un avvio da thriller teso e concitato, preferisce soffermarsi sulle sfaccettature introspettive che disegnano il controverso personaggio di Howard, a cui Robert Ryan presta peraltro tutta la sua espressività, perfetta a rendere con credibilità la convivenza all'interno di uno stesso corpo, di due antitetiche personalità, l'una votata al bene e alla tolleranza, e l'altra all'opposto protesa alla reazione e alla vendetta.
Anche Ida Lupino, esile ma tutt'altro che arrendevole, fornisce una prova convincente, impersonando con grande partecipazione una vedova e mamma mancata di tanti bimbi assistiti nella sua grande casa, che finisce per tramutarsi da vittima designata, a personaggio salvifico in grado di cacciare la belva che convive nella persona del suo tormentato antagonista.
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