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Lussuria. Seduzione e tradimento

Regia di Ang Lee vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Lussuria. Seduzione e tradimento

di lussemburgo
6 stelle

Lussuria di Ang Lee

Come il precedente, anche l’ultimo film di Ang Lee è un melò tragico raggelato, storia di sentimenti inesplorati e sesso corrisposto, in cui i protagonisti finiscono fatalmente vittime di un destino avverso, di una situazione estranea e nemica alla quale non riescono a ribellarsi con sufficiente determinazione. Il sorriso sembra ormai scacciato dalla filmografia di Lee, mentre i suoi personaggi sono schiacciati da una predestinazione ingombrante che segna e mal cela gli evidenti sintomi di un fato infausto, brevemente illuminato dal fuoco fatuo delle illusioni.
Nella Cina occupata dai giapponesi, giovani ribelli borghesi, animati da infatuazione militante e armati di temerario dilettantismo, si cimentano nell’infiltrazione delle linee del governo fiancheggiatore introducendo una di loro nelle grazie e nel letto di un alto dirigente statale per ordire e organizzarne l’omicidio mirato.
Agitato da passioni mai consumate, da sesso esasperato che consuma e corrode, che confonde i confini dell’amore e del desiderio, della lealtà e della prudenza, il film si svolge senza picchi a dipanare una materia incandescente, osservando, con attenzione e a distanza di sicurezza, i suoi protagonisti agitarsi e soffrire, trascinati dall’odio e dalla tenerezza. Lee incapsula la vicenda in un convenzionale flash-back, che si anima nel momento narrativamente culminante per interromperlo, spiegarlo e solo al termine svilupparlo sino alla conclusione. E tutti i protagonisti vivono in trappola, per scelta o rassegnazione, inermi di fronte al dolore che si prospetta e le cui avvisaglie sono sempre più evidenti, imprigionati da un contesto in cui hanno operato scelte via via più opprimenti, dai rispettivi giochi di ruolo in cui l’individualità si scioglie e si disperde, lasciando viva soltanto la maschera.
Lussuria è lavorato dall’ossessione per la messinscena, guarda una troupe di commedianti inesperti inscenare un drammone patriottico, tramutato poi in progetto terroristico, attori alle prime armi impersonare personaggi fittizi per penetrare le difese dell’avversario, fingere passioni per intrappolare il bersaglio. Ma anche l’antagonista, un sibillino Tony Leung, è costretto al ruolo di torturatore istituzionale, si rifugia in un distacco dandy sotterraneamente corroso da un rimorso represso mentre osteggia un’armatura di prudenza che si infrange nella fiducia amorosa, personaggio “à la Melville” di sofferente imperturbabilità. Il film stesso, di ambientazione e interpretazione cinese, si vuole occidentale nei riferimenti cinefili (gli spezzoni dei classici Hollywoodiani: Intermezzo, Il ladro di Baghdad, Ho sognato un angelo ma anche Il sospetto) e nasconde la ripetizione della trama di Notorius sotto il Mahjong e le ambientazioni storiche, ricrea un’atmosfera noir debitrice del cinema classico occidentale. Lussuria si finge in fondo altro da sé. E solo negli inserti erotici, con il sesso esplicito nascosto da una regia statica ed estetizzante, ritrova la verità inconfessabile di personaggi che, per un momento, perdendosi, raggiungono una verità interiore senza veli né pudore, privi infine di una sovrastruttura ideologica, del manto soffocante del gioco dei ruoli e di quella finzione che la regia però impone con un distacco con cui, volutamente, contraddice la scopofilia inerente alle stesse immagini.
Ma in questi rimandi a imposture incrociate, interrotte dall’esplosione dei sentimenti e dei sensi, il film finisce con l’essere solo un sipario porpora, elegantemente damascato, che si apre su un teatro di convenzione, un proscenio vuoto in cui si muovono spettri lontani di cui in sala riecheggiano solo le voci.

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