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Lussuria. Seduzione e tradimento

Regia di Ang Lee vedi scheda film

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Marcello del Campo

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La recensione su Lussuria. Seduzione e tradimento

di Marcello del Campo
2 stelle

 

 

COME FARSI DEI NEMICI DETESTANDO ANG LEE

 

Un po' di cinema non lo trovi in Lussuria, ho fatto fatica ad arrivare alla fine: questo Ang Lee impolpettisce tutto ciò che tocca; è strano che tutta la critica di sinistra (è un modo di dire della stoltezza attuale) si sia lasciata catturare dal mélo tascabile del regista più sopravvalutato del mondo.

Ho la sensazione, antica e spiacevole, che i critici, provenendo da una storia personale fatta di mancanza di sesso (è arcinoto, - i critici sono impotenti, registi o scrittori mancati) e voyeurismo spinto, siano stato attratti dalle scene di sesso, alcune delle quali nemmeno i più ginnici ragazzetti fanno uso. La scopata a intarsio, si sa, è una delle meno soddisfacenti, ma Ang Lee crede che quanto più una coppia si avvita, tanto più gode, senza dire che il povero Tony Leung prima di cominciare l'incastro del "rematore in barca" bretoniano, è costretto a dare un po' di manrovesci alla Mata-Hari insipida per farsela venire la voglia.

Il film è tutto un tripudio di mah-jong, pettegolezzi di donne collaborazioniste che somigliano ai circoli domenicali del burraco, una noia mortale: Leung è sempre incazzato perciò lo hanno doppiato con una voce cavernosa; come va a finire la storia lo capisci quando vedi le facce dei giovani resistenti, tutti carini e scemi, infatti tutto il primo estenuante primo tempo è l'inutile rappresentazione del fallimento di un attentato che nemmeno la spia più idiota potrebbe concepire, ma è l'occasione per far vedere il battesimo sessuale della protagonista che deve acquisire l'esperienza giusta per far cadere nel tranello amoroso il marpione torturatore.

La scena delle "prove di sverginamento" è di una volgarità assoluta che ricorda certe cose del cinema di Gloria Guida e Renzo Montagnani con Pierino che guarda dal buco della serratura, ma sappiamo quanti sacrifici ha fatto la critica militante per portare il Pierino al culmine del cult.

Ang Lee (mi conforta il giudizio di Giona Nazzaro) non ha mai azzeccato un film in tutta la sua insipida carriera, a cominciare dai banchetti per continuare con mangiare e bere uomo e donna, passando tra cavalcate con il diavolo e tempeste perfette, transitando nei pascoli montani dove pure i cavalli sono gay, non senza averci deliziato con Hulk, insomma un regista di tutto dispetto, un regista che divide la critica tra chi lo ama e chi lo adora, con grande spreco di paralleli incongrui: tirano in ballo Duvivier-Carnetdebal, Malle-Lacombe, Bertolucci-Tango, Visconti-Senso, Melville-Armatedellanotte, - e sin verguenza proliferano scritture abiette, e allora capisco che in Italia tutto declina in monnezza, quella che riempie gli schermi televisivi da napuleedintorni, e capisci che pure le cape degli omeni di pensiero qui sono andare in rumenta.

Infine questo film di Ang Lee ti fa tifare per lo sporco carognone (oh, ma perché ce l'hanno per due ore e quaranta con Tony Leung? il regista mica ce lo fa capire, certo se interroga come fa l'amore, allora è un disastro!). Eppure il ToniLeung è uno che ha fatto gran cinema con Woo, Lau, Yimou, Hsiao-hsien, qui ha capito che c'era da lavorare poco, bastava moltiplicare le sequenze delle sue apparizioni, arriva dal fondo dell'abitazione tutto incazzato e dice a stento ciao, dice sempre che ha da fare qualcosa nella sua stanza, basta, poi riappare con la faccia incazzata nella camera da letto, in quella dell'albergo, strappa vestiti, mutande, strappa sempre qualcosa, quando non si vede in giro sullo schermo è perché sta torturando qualcuno, poi torna e dice che è stanco, ne ha fatti fuori un paio, a uno gli ha spaccato il cervello in due, cazzo, ma non ci fa vedere niente Ang!, poteva essere almeno meglio del fottuto destrissimo Black Book di Verhoeven, un altro regista amato dai critici di sinistra, sempre più fascisti.

Dopo Lussuria è toccato a Woodstock: affondato il mito rock!

 

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