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The History Boys

Regia di Nicholas Hytner vedi scheda film

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La recensione su The History Boys

di michemar
8 stelle

          Tutti lo definiscono un romanzo di formazione, un testo teatrale di formazione, ci manca solo che sia un film di formazione. Ma questo è parlare solo di un lato dell’opera, di una faccia della medaglia. Indubbiamente si parla di una classe di ottimi studenti e della loro crescita, che deve culminare nell’esame e quindi nella loro ammissione ai colleges di Oxford e Cambridge. Quindi tutto gira intorno alle ultime settimane di scuola e di lezione. Ogni studente viene ben disegnato dalla sceneggiatura e dal regista, pare pian piano di imparare a conoscerli, con le loro debolezze, le loro preferenze, le loro tendenze, perfino sessuali. Ma si sa, è l’età in cui tutto è vago e le insicurezze sono tante. Il particolare più evidente rimane il fatto che comunque questi giovanotti sono tutti intelligenti, svegli e molto disponibili e anche se si comportano come ragazzi normali il loro Q/I è notevolmente alto.

          Invece per me le figure più belle, meglio dettagliate, di cui si riesce a scoprire tutto il carattere e le peculiarità sono i tre docenti, che forse ognuno di noi sognerebbe di avere o di aver avuto. Hector – uno straordinario  Richard Griffiths – è uno spettacolo di professore: insegna  e parla della poesia come via maestra di vita, spiegando quanto sia importante il congiuntivo e quanto sia determinante nelle ipotesi della realtà. I suoi metodi di insegnamento così rivoluzionari non sono ovviamente ben visti dal preside tradizionalista e conservatore. Irwin invece è un supplente che arriva e rivolta la maniera di affrontare le discussioni sulla storia antica e recente; ha un metodo che all’inizia spiazza gli studenti ma che poi risulta interessante e stimolante. I ragazzi lo seguono e gli si affezionano quasi quanto verso il loro beniamino Hector. Spettacolo parte è la meravigliosa professoressa Dorothy, interpretata dalla sbalorditiva Frances de la Tour. Femminista e contestatrice, è la persona più di altre capisce e comprende ogni singolo studente e con i suoi commenti diventa la coscienza critica della scuola e dell’ambiente: contro il sessismo della educazione anglosassone, come contro il maschilismo della storia, vista da lei come un corteo di uomini in testa, con le donne a seguire, con un secchio in mano. Le “sentenze” che pronuncia sono accompagnate da espressioni e occhiate che lasciano il segno e i premi per la sua straordinaria interpretazione sono arrivati puntualmente e meritatamente.

          Queste tre figure di insegnanti sono come tre cancri nel seno della scuola tradizionale: scardinano le abitudini e le convenzioni, sono cancri che non portano malattia e morte, ma vitalità e stimolo all’interesse verso le materie studiate, alla partecipazione e al coinvolgimento.

          I dialoghi di questa sceneggiatura fantastica hanno due registri: uno è quello degli studenti, caratterizzato dall’alto ritmo e dai normali sfottò della loro età; l’altro è quello sofisticato e brillante, pieno di humour tagliente, diretta derivazione della pièce teatrale da cui scaturisce.

          La classe poi si disperderà come tutte le classi della nostra vita: chi seguirà la via universitaria del college, chi intraprenderà i mestieri consoni alle sue tendenze. Ognuno porterà con sé però la grande esperienza vissuta in quella scuola, così eterogenea e multirazziale. Cosa che mi fa rabbia: con i britannici convivono tranquillamente giovanotti di origine indiana, africana, di religione cristiana, musulmana ed ebrea. Nessuna distinzione in una nazione all’avanguardia, dove ogni persona è un uomo e basta (o una donna e basta, come piacerebbe alla prof Dorothy).

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