Regia di Joel Schumacher vedi scheda film
23 sono le lettere dell'alfabeto latino, le pugnalate che uccisero Giulio Cesare, i cromosomi con cui ogni genitore contribuisce al Dna del suo bambino, i Gran Maestri dei Templari. E i Maya erano convinti che la fine del mondo sarebbe arrivata il 23 dicembre del 2012 (20+1+2=23). Sono solo alcuni degli esempi delle innumerevoli combinazioni numeriche suggerite al protagonista del nuovo film di Joel Schumacher (Number 23, appunto) da un libro scovato per caso (?) nello scaffale di una bottega polverosa. Una scoperta che, naturalmente, è destinata a sconvolgere il suo felice equilibrio quotidiano e a rimettere in discussione il suo passato e il suo futuro. Immagino che i calcoli siano tutti esatti e credibili; è certo che esistono teorie esoteriche legate a questo numero, ma anche che, mettendosi d'impegno, molte se ne potrebbero ricavare su altri numeri. Ciononostante, tutto questo ha una sua logica, anche narrativa: il Peter Greenaway dei tempi d'oro, con la sua intelligenza ossessiva, ne avrebbe ricavato un film incomprensibile ma affascinante. Joel Schumacher, invece, dopo una partenza tutto sommato intrigante (il libro, il cane che invita Jim Carrey a seguirlo al cimitero, le coincidenze tra la sua infanzia e la storia del detective Fingerling), finisce per comporre un frullato misto di suggestioni narrative e visive, oscillando indeciso tra thriller realistico e suggestioni parapsicologiche, tra raggelanti notti alla Sin City e inquieto naturalismo alla Stephen King, tra ricerca dell'assassino e rivelazione cabalistica. La ricomposizione finale delude su ogni versante, contemporaneamente troppo semplicistica e inutilmente cervellotica.
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