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L'ultimo inquisitore

Regia di Milos Forman vedi scheda film

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Fanny Sally

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La recensione su L'ultimo inquisitore

di Fanny Sally
7 stelle

Milos Forman, tra i più apprezzati registi di film in costume (suoi Amadeus e Valmont), si è lasciato ispirare dalla figura di Francisco Goya, pittore e incisore spagnolo tra i precursori dell’espressionismo, in bilico tra il mecenatismo ottuso dei potenti e la lucida e spregiudicata analisi della contemporaneità.

Per dichiarazione dello stesso Forman, la vicenda della Spagna degli inizi dell’Ottocento è una sorta di parallelo con quella vissuta dal suo paese durante l’occupazione nazista e poi comunista, e la trama funge da cornice alla denuncia degli orrori della fede – intesa in senso lato, sia religiosa che politica.

Il titolo originale Goya’s ghosts in effetti rende meglio l’intento del regista ceco, rispetto all’adattamento italiano che invece pone l’accento sul pur incisivo personaggio interpretato da Javier Bardem: non c’è in effetti un unico protagonista, poiché non si tratta di un racconto biografico bensì di un affresco romanzato di un periodo decisivo per la storia dell’Europa moderna. Goya, infatti, vive in prima persona prima i soprusi dell’Inquisizione, poi gli sconvolgimenti seguiti all’avvento della rivoluzione francese e all’invasione degli eserciti napoleonici; è testimone diretto e impotente, se non attraverso la sua arte, che diviene rappresentazione quasi cronachistica di ciò che vede – e che negli ultimi anni della sua vita non è neppure più capace di sentire, a causa della sordità.

La sceneggiatura, cui ha preso parte lo stesso Forman insieme a Jean-Claude Carrière, ci presenta il pittore (impersonato da Stellan Skarsgard, fisicamente molto somigliante), già in età matura, lavorare contemporaneamente per i monarchi spagnoli e per alcuni committenti privati. Egli prende a cuore la vicenda di una delle sue modelle, Ines (la brava Natalie Portman, in un doppio ruolo), figlia di un ricco mercante, bella e ingenua, che attira le mire del subdolo padre Lorenzo (Javier Bardem, incredibile trasformazione), fervente promotore di un drastico ritorno ai metodi più feroci delle persecuzioni e torture per combattere l’eresia dilagante e riconsolidare il potere della Chiesa. Nel frattempo dalla Francia cominciano a giungere i primi libretti di filosofi illuministi.

Lo sguardo del regista si sofferma, seppure in maniera moderata, suggerendo più che mostrando, sulle atrocità e assurdità derivanti dalla tirannia della superstizione e della ragione, analizzando il rovesciamento e fallimento degli ideali rivoluzionari – che avevano fatto proseliti all’interno delle stesse sfere ecclesiastiche – , e il ritorno delle antiche gerarchie, in mano a uomini diversi ma guidati dalla stessa sete di potere e dominio.

Sebbene vi siano parecchi salti temporali e nella seconda parte molti eventi vengano affrettati, la pellicola riesce a coinvolgere pienamente lo spettatore appassionato di storia o arte trasportandolo nelle atmosfera burrascosa e opprimente dell’epoca, grazie ad un riuscito miscela di fotografia, scenografia, trucco e recitazione di alto livello.

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