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Le vite degli altri

Regia di Florian Henckel von Donnersmarck vedi scheda film

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Paul Hackett

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Le vite degli altri

di Paul Hackett
8 stelle

Intenso e struggente dramma ambientato negli ultimi anni del regime comunista in Germania Est, con gl'ideali (sempre che ci siano stati davvero) del socialismo reale ormai soppiantati dai biechi interessi personali di laidi funzionari di partito e ufficiali carrieristi della polizia segreta e con la popolazione congelata in una tetraggine perenne, apparentemente ancora inconsapevole della Perestrojka incombente e delle prime crepe che, di lì a pochi anni, determineranno il crollo del Muro di Berlino e la consegna alla condanna della storia di un regime odioso ed opprimente. Ma l'atmosfera plumbea della DDR è solo un contorno: il vero interesse del regista Florian Henckel Von Donnersmark è palesemente quello di raccontare la dolorosa presa di coscienza, politica, civile ed esistenziale, di due vite parallele: quella di uno scrittore fedele agli ideali del socialismo ma troppo onesto intellettualmente per non coglierne i limiti e le insostenibili ingiustizie, e quella di un tetro e solitario agente della Stasi che, nello spiare "le vite degli altri" e nel rendersi conto dell'insopportabile vuoto della propria, decide di prendere un'inaspettata posizione di rottura nei confronti degli ordini "superiori" ai quali era sempre stato ligio. E' proprio la caratterizzazione dell'agente "HGW" a costituire il vero valore aggiunto di un film che altrimenti si lascerebbe guardare volentieri senza diventare memorabile: Ulrich Muehe (scomparso nel 2007, peccato davvero) è semplicemente indimenticabile, la sua maschera apparentemente impassibile e chiusa nella tetra disperazione di una vita grigia e senza speranze, ma in realtà agitata da mille tormenti interiori, è davvero una delle più belle prove d'attore che mi sia capitato di vedere da molti anni a questa parte e trasforma un buon film in un'opera a tratti sconvolgente nella descrizione di un dolore personale che diventa anche la metafora dell'agonia di un intero popolo e di un intero sistema di valori. In definitiva uno splendido film: voto positivo.

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