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Le vite degli altri

Regia di Florian Henckel von Donnersmarck vedi scheda film

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La recensione su Le vite degli altri

di mc 5
8 stelle

Non ho mai frequentato molto il cinema tedesco: verso Fassbinder ho sempre provato una sorta di (immotivata?) repulsione, del grandissimo Herzog ho visto solo 3 films, di Wenders invece ho visto tutto ma non e' che sia uno dei miei registi prediletti. Però l'anno scorso mi e' capitato di vedere un film che ebbe un certo seguito e si segnalò come una novità interessante: "Le particelle elementari". Sono uscito da quella visione stimolato da tanta originalità, molto colpito dalla intensità dei personaggi e dalla passione con cui la storia veniva narrata. Era un segnale, evidentemente. Oggi, dopo circa un anno, ancora dalla Germania, arriva questo nuovo film, che ci giunge già stracarico di premi e di lodi sperticate della critica. Oscar per il migliore film straniero: il massimo. E in effetti e' un bel film, che ha come sfondo la DDR comunista della metà degli anni '80. L'ambientazione e' ricostruita con tale perfezione che lo spettatore RESPIRA l'aria opprimente di quel momento storico in quel paese. E lo induce a considerare com'e', nella propria tristissima realtà, un REGIME: un contesto in cui la gente conduce vite normali, lavora, fa la spesa e le altre cose comuni di ogni giorno, ma sempre con qualcosa di impalpabile e nascosto che "guida", indirizza, controlla e (se necessario) "corregge" le esistenze di chi esprime perplessità o dissenso. Il giovane regista, lui stesso figlio di fuggiaschi da Berlino Est, ha fatto precedere la realizzazione del film da un minuzioso lavoro di documentazione, saccheggiando gli archivi della famigerata polizia "Stasi". La cosa che trovo piu' riuscita e' come il regista sia stato capace di rendere tutto l'insopportabile schifo che emana da quei funzionari, da quei politici, da quegli uomini di apparato: davvero un putridume umano da nausea. La figura centrale del film e' quella di un fedele agente della Stasi, uno perfettamente inquadrato nell'obbedienza cieca, ma nella cui mente si aprono a poco a poco dei varchi, fino a quando ha la percezione che le sue certezze si stanno sgretolando ed acquisisce consapevolezza della meschinità del suo compito di "spione". Pochi colori, scenografie anonime, una fotografia dai toni freddi, ci restituiscono una DDR grigia ed opprimente. Altra bella prova del regista (che e' anche sceneggiatore) e' quella di offrirci (coi tre protagonisti) tre personaggi molto belli, ognuno ricco di sfumature e di lati nascosti, che emergono, attraverso un sottile gioco psicologico. Gli attori sono tutti bravissimi, in particolare l'agente-spia (Ulrich Muhe). Ma vorrei soffermarmi sulla strepitosa protagonista femminile: Martina Gedeck. Io l'avevo scoperta ed ammirata proprio in "Le particelle elementari", film in cui impersonava un ruolo per me indimenticabile. La trovo una attrice superlativa e una donna piena di fascino. E si tratta di un fascino inequivocabilmente europeo (alla faccia delle solite "gnocche hollywoodiane"!!). Anche se...(e ti pareva?!) adesso anche Hollywood si e' accorta del talento della Gedeck: infatti la rivedremo molto presto nella sua prima "trasferta" americana, a fianco di Bob De Niro e Matt Damon in "The Good Shepherd".

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