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Io sono la legge

Regia di Michael Winner vedi scheda film

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La recensione su Io sono la legge

di Decks
7 stelle

Una cruda escalation di eventi che ci mette molto a partire, ma poi non delude culminando in uno splendido finale. Winner raccoglie le lezioni impartite da maestri ben più dotati creando un western arido come Leone, teso e violento come Peckinpah. Nota di merito alla caratterizzazione dei personaggi, soprattutto Lancaster (super)antieroe del West.

Chiunque minimamente appassionato al cinema avrà senz'altro notato le affinità tra l'attuale genere in voga (quello supereroistico) con gli western; le somiglianze sono tante ed una tra queste è sicuramente il senso della giustizia, una delle tematiche principali affrontate in numerosi fumetti, quali il conosciutissimo "Civil War".

In un certo senso, quando ci troviamo di fronte lo sceriffo Maddox sembra di vedere un Batman del selvaggio west, che rimane costantemente sul filo della legge punendo criminali a destra e a manca sfruttando la stella di latta sul petto allo stesso modo con cui l'uomo pipistrello utilizza il suo costume tenebroso: incutere timore a qualsiasi malintenzionato e non passa minuto ove qualsiasi spettatore vorrebbe destituire quell'uomo spietato che di sceriffo non ha più praticamente nulla.

 

 

Michael Winner ci dà un amaro lungometraggio e usa una delle figure più interessanti della narrativa (filmica o letteraria che sia): l'antieroe. Il regista londinese gioca per tutta la durata della sua opera sulla dicotomia di bene e male, iniziando come il più classico degli western, facendoci presupporre una storia di vendetta dopo uno spietato omicidio, per poi virare completamente di rotta verso la metà del film. Ed è proprio nella seconda parte che sorgono le domande più interessanti che il pubblico è naturale si ponga:

- in un sistema corrotto la violenza di Maddox può davvero portare ad una soluzione?

- Uomini che hanno passato interi anni della propria esistenza a compiere efferatezze possono cambiare?

- Bronson è costretto spietatamente ad una resa dei conti finali o è semplicemente l'ennesimo empio criminale solo più saggio dei suoi sottoposti?

 

Da queste mie parole si può senz'altro capire che il punto di forza di questo film siano le costruzioni dei personaggi e le loro dinamiche, in particolare l'attenzione si sofferma su Maddox e Bronson i quali compiono una vera e propria evoluzione fino ad arrivare allo splendido finale, che non mi vergogno a dire sia uno dei più belli e significativi del genere western.

In pochi minuti in cui sono le pistole a parlare, ci viene proposto un meraviglioso cambio di prospettive e di colpo ci viene palesata davanti la dura realtà: una critica asprissima alla violenza e al farsi giustizia da soli che mai nessun film di supereroi ha ancora avuto il coraggio di porre al suo interno. Bronson da astuto e ricco criminale diventa un padre in lacrime a cui è stato strappato un figlio da un giustiziere senza alcun senso della legge, mentre Maddox da sceriffo diventa assassino senza più alcuna possibilità di redenzione.

 

 

Da una parte quindi abbiamo un ottimo repertorio di personaggi uniti ad una tematica perfettamente calzante per il selvaggio West, anche se è un peccato che per raggiungere i picchi di suspance e argomenti della seconda parte ci voglia un po' troppo va comunque reso il merito agli attori coinvolti. Per esempio, Burt Lancaster è molto convincente nel ruolo principale assumendo delle pose rigide e uno sguardo fermo e freddo per il suo implacabile vendicatore, e non dimentichiamoci di Sheree North, Lee J. Cobb e l'amareggiato sceriffo di Sabbath alias Robert Ryan.

Winner, inoltre, sceglie bene il tipo di riprese rifacendosi a due registi in particolare: Sergio Leone per la sporcizia del set, con ambientazioni polverose simil-spaghetti western e la figura del protagonista principale; Sam Peckinpah per gli scoppi di violenza e il tipo di regia da adottare, al punto tale che in specifici punti, come durante l'uso dei primi piani, questa pellicola sembra essere il diretto surrogato de "il Mucchio Selvaggio".

Insomma, Winner ha fatto la giusta scelta stilistica, peccato che di riprese fatte di sua inventiva non ce ne sia quasi nessuna.

 

Come detto prima, purtroppo, i ritmi narrativi non funzionano per il meglio e ci vuole davvero troppo prima di raggiungere il vero punto focale del lungometraggio, nella prima parte della pellicola la sceneggiatura non fa altro che intessere lodi e leggende su Maddox "ogni colpo una vedova" scostandosi ben poco dai tipici film alla John Wayne per intenderci, dove la telecamera si soffermava sui soliti clichè quali le voci che corrono nel paese fino alla dimostrazione a colpi di pistola con il villain più sfrontato e sciocco.

A dirla tutta, sembra quasi un'acerba prima prova per ciò che sarà il successivo film di Winner "il Giustiziere della Notte", nel quale vengono ripresi gli stessi identici fondamenti che caratterizzavano l'opera in questione.

 

Una cruda escalation di eventi che ci mette molto a partire, ma poi non delude culminando in uno splendido finale.

Winner raccoglie a piene mani le lezioni impartite da maestri ben più dotati di lui, creando un western arido come Leone, teso e violento come Peckinpah: il risultato non poteva che essere buono con una nota di merito alla caratterizzazione dei personaggi, in particolare Lancaster (super)anti-eroe del selvaggio west.

 

 

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