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La più grande rapina del West

Regia di Maurizio Lucidi vedi scheda film

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La recensione su La più grande rapina del West

di mm40
2 stelle

Far west. Una rapina in banca viene portata a compimento con l'uccisione dello sceriffo; i banditi si rifugiano in un paesino dove ben presto il fratello della vittima verrà a cercare vendetta, con audacia e astuzia.

Dopo un esordio in sordina nel peplum (La sfida dei giganti, 1965), Lucidi passò allo spaghetti western, genere che nella seconda metà degli anni Sessanta andava per la maggiore. Pur non ottenendo chiari successi, ebbe occasione di licenziare una manciata di titoli che andarono a incrementare un filone già piuttosto nutrito; questo La più grande rapina del west è un prodottino alimentare decorosamente portato a termine con sufficiente buona volontà e mezzi accettabili; va però rilevata la debolezza - punto dolorante per la maggior parte delle pellicole di questo genere - nella scrittura. La sceneggiatura firmata da due Augusto (Caminiti e Finocchi) non va infatti da nessuna parte, rimanendo perennemente in bilico, oltrettutto, fra truce e comico; scene di scazzottate e battute ironiche già in linea con il fenomeno rappresentato dalla neonata (all'epoca) coppia Spencer/Hill si alternano a massacri, sparatorie, proclami di vendetta nel più chiaro segno del western all'italiana virato alla violenza pura. Erano d'altronde queste le principali derive cui il filone stava andando incontro: ma qui le componenti non si amalgamano granchè e il film comprensibilmente ne risente. Da apprezzare però il cast, che vede al centro del cartellone i nomi di George Hilton, Walter Barnes e Hunt Powers, mentre in ruoli via via di minore importanza possiamo trovare Mario Brega, Erika Blanc, Goffredo Scarciofolo (meglio noto come Jeff Cameron, ma qui accreditato nei titoli di testa con il vero nome), Enzo Fiermonte, Salvatore Borgese (anche maestro d'armi sul set, fondamentalmente il suo principale mestiere). Le musiche, pur non esaltanti, sono godibili: non per caso, perchè realizzate da Luis Bacalov. 2,5/10.

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